“And no religion too”…

Imagine there’s no countries                                              Immagina che non ci siano patrie
it isn’t hard to do.                                                                 non è difficile farlo.
Nothing to kill or die for                                                      Nulla per cui uccidere o morire
and no religion too.                                                             ed anche nessuna religione.
Imagine all the peopl                                                           Immagina tutta la gente
Living life in peace…                                                            che vive la vita in pace…

Sono alcune parole e la relativa traduzione della celebre canzone di John Lennon, “Imagine”. Le citiamo in riferimento alla settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che quest’anno avrà come tema “Ama il Signore Dio tuo e ama il prossimo tuo come te stesso” e che ha come riferimento la parabola del buon samaritano. Senza scadere nella banalizzazione e senza voler fare forzature, ci sembra che il testo evangelico di Luca (10, 25-37) possa essere affiancato alle parole del cantante dei Beatles, il quale a suo tempo dichiarò che “il concetto di preghiera può diventare vero solo se riusciamo a immaginare un mondo in pace, senza alcuna definizione di religione (and no religion too). Questo non significa che non debbano esserci le religioni, ma che bisognerebbe eliminare semplicemente il concetto secondo il quale «il mio Dio è più grande del tuo».

La parabola ci mostra impietosamente che la religione, rappresentata dal sacerdote e dal levita, davanti a una persona in condizioni di estremo bisogno, non risolve la situazione. Chi lo fa è colui che è considerato eretico e scismatico, il samaritano. La settimana di preghiera per l’unità dei cristiani sia allora occasione per spostare dal centro della nostra attenzione la religione, preoccupata soprattutto di servire Dio osservando la Legge e disinteressandosi della storia degli uomini e delle donne, dei loro problemi e delle loro difficoltà, per rimettere al centro la fede, cioè il credere che il luogo dove Dio abita è proprio la storia delle donne e degli uomini. Ogni religione pone confini e regole, emette dei dogmi ed esclude chi non li accoglie.

Se l’osservanza viene prima delle necessità umane, se gli obblighi religiosi induriscono e disumanizzano il cuore, se il sabato non è per l’uomo ma l’uomo per il sabato, allora siamo sulla via del fondamentalismo, incapace di dialogo e di apertura, e non sulla via del Vangelo, dove Gesù mostra come Dio sia Padre di tutti e ami tutti. Viviamo un tempo marcatamente segnato dalle guerre, in cui la passione per l’uomo è schiacciata da altri interessi, quali i confini da difendere, il potere da far crescere e il denaro a fare da criterio ultimo di scelta. Non capiti anche a noi credenti e discepoli di Gesù di non avere uno sguardo attento sulla vita minacciata, sul dolore umano, sulle ingiustizie subite da tante sorelle e tanti fratelli, e di perdere questo sguardo in nome del culto, del sacro e degli obblighi religiosi. Ciò che importa non è la religione che ognuno pratica, ma la dose di umanità che ciascuno vive.

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