Nessun dorma!

Oggi la vita consacrata come è capace di reinventarsi? È la domanda che abbiamo preso in esame nella riflessione degli ultimi due post (qui e qui) pur nella consapevolezza che non si può liquidare il tentativo di risposta in poche righe. Richiede infatti una riflessione profonda, un confronto schietto, la volontà di creare spazi di dialogo, luoghi fisici e virtuali dove raccontarci come sogniamo e immaginiamo la vita religiosa «al di là del guado». Ci piace pensare che anche questo blog, nel suo piccolo, possa essere uno di questi spazi. È giunta infatti in redazione un ulteriore approfondimento maturato in una figlia dell’Oratorio dopo la lettura dei due articoli citati. Ci piace pertanto condividere quanto pervenutoci, con la segreta speranza che anche da queste righe possano scaturire approfondimenti e proposte.

Un po’ di anni fa papa Francesco chiedeva alle donne e agli uomini consacrati di svegliare il mondo, perché la nota che caratterizza la vita consacrata è la profezia. Ma cosa significa svegliare il mondo? Qual è il sonno in cui è immerso e da cui occorre destarlo? E noi? Possiamo dire di essere sveglie e vigilanti? Se abbiamo bisogno di reinventarci ma non abbiamo ancora capito con quali modalità, come possiamo pretendere di svegliare qualcun altro? Per farlo, non basta la buona volontà. Ce ne danno esempio evangelico Pietro, Giacomo e Giovanni che nel Getsemani non riescono a vegliare un’ora sola col Maestro e si addormentano, nonostante la drammaticità del momento e pur essendo animati dalle migliori intenzioni di non abbandonare Gesù.

Forse allora questo «reinventarsi», oltre che dal presente, come si leggeva in un articolo precedente, deve partire da una lettura sapiente della realtà odierna, dei segni dei tempi che la storia attuale ci presenta, da uno sguardo attento sul mondo. Quali sono oggi questi segni dei tempi? E come si colloca, o come si pone la vita religiosa in questo contesto? Qual è la sua missione? I cambiamenti che abbiamo vissuto e che stiamo attraversando sono un invito ad andare più in profondità, alla nostra vera ragion d’essere, che rimane la stessa anche nel mutarsi delle forme in cui si esprime. Ma per trovare risposta, occorre saper leggere, saper ascoltare, saper vedere, scendere, scavare, non accontentarsi della crosta o della superficie delle cose.

Forse siamo portati a immaginare che i segni dei tempi siano degli accadimenti positivi, belli, attraenti. In realtà, sono sempre destabilizzanti, fastidiosi e spesso spiacevoli. Un segno recente è stata la pandemia. In quel momento la nostra casa comune, il pianeta, ci ha gridato di fermarci, di rallentare, di smetterla di correre, ossessionati dal profitto e dal guadagno. Un altro segno sono le guerre, note e meno note, che smascherano la nostra smania di potere, messa in evidenza anche da un altro segno, strettamente ecclesiale, quello degli abusi. Cosa sono infatti questi, se non la manifestazione di un desiderio assillante di potere e di possesso sull’altra persona?

Ancora, non possiamo non citare tra i segni che ci indicano la strada da percorrere, la crisi climatica causata dall’inquinamento, frutto amaro dell’incapacità di discernere tra bisogni reali e bisogni fittizi, che per essere soddisfatti esigono una sovraproduzione di cose, oggetti, vestiti di cui non abbiamo bisogno.

La vita religiosa, noi, non siamo spettatori – magari sdegnati – di tutto questo, ma siamo parte di questo sistema che porta ad autodistruggersi. Se dobbiamo e vogliamo svegliare il mondo, occorre una presa di coscienza seria di questi problemi, una consapevolezza maggiore della parola che siamo chiamate a dire e delle scelte concrete che siamo chiamate a fare per costruire un modello differente di civiltà.

Davanti a tutto ciò, urge rallentare, riscoprire il valore della lentezza, ritrovare uno sguardo contemplativo e un vivere insieme segnato dalla condivisione e dalla solidarietà. Coltivare lo Spirito, recuperare la capacità di vivere alla presenza del Mistero, di una Presenza che ci supera e dalla quale abbiamo origine e da cui viene ogni possibilità di ri-nascita: che sia questa l’essenza della vita religiosa, il suo carisma, al di là di quale istituto si appartenga?

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