Sinodo: tra «zone confort» e strade nuove

Il 21 febbraio u.s. sono state comunicate le date in cui si svolgerà la seconda sessione del sinodo sulla sinodalità. Avrà inizio il 2 ottobre prossimo e si concluderà il 27 dello stesso mese. Oltre a questo, papa Francesco ha voluto che i vari Dicasteri della Curia Romana collaborino con la Segreteria Generale del Sinodo per la costituzione di gruppi di studio che approfondiscano alcuni dei temi emersi nella prima sessione sinodale. La scelta dei temi e dei gruppi è ancora in via di definizione, ma l’essere venuti a conoscenza di questi elementi, seppur ancora incompleti, riaccende quel fuoco acceso nella prima fase dei lavori sinodali.

L’impressione che si ha dall’esterno è quella di una macchina che avanza lentamente, ma che comunque non si ferma. La prima fase è stata molto coinvolgente, si è davvero messo in atto un tentativo di ascolto di quante più persone possibili. Sappiamo bene che già qui ci sono stati alcuni che hanno storto il naso, che non hanno colto fino in fondo l’importanza di dar voce a tutti e che hanno vissuto tutto questo con turbamento. Ma ormai è chiaro che in gioco c’è una conversione sul modo di essere chiesa oggi e non possiamo non rispondere all’appello che la storia ci sta facendo.

La fase successiva è stata meno echeggiante. Forse qualcuno è rimasto deluso se si aspettava soluzioni a questioni che invece non chiedono e non possono avere una risposta univoca, ma la maturazione di un atteggiamento capace di accogliere la diversità di passo. È la fase del discernimento e della «ruminazione». La mancanza di decisioni su temi «mediatici» potrebbe far temere che tutto il «raccolto» della fase di ascolto non venga tenuto in considerazione, che quella spinta dal basso vada perduta. È vero, tante domande sorgono nel cuore di chi ha riposto fiducia e speranza in questo sinodo: si prenderanno sul serio le istanze venute a galla nella fase di ascolto, come ad esempio Il desiderio di una chiesa più inclusiva e meno distante dalla vita reale delle persone? Sarà possibile riconoscere al laicato, sia femminile che maschile, un ruolo non subalterno a quello del clero? È pensabile una Chiesa in cui regni il dialogo e il confronto tra pari e non più tra chi è più in alto e chi è più in basso?

Le tante resistenze emerse nel riconoscere la sinodalità come una delle dimensioni costitutive della chiesa ci dicono che il cammino non è facile e nemmeno breve e non terminerà certo con la fine di questo Sinodo, la cui portata rivoluzionaria è innegabile, ma che è come un tesoro in vasi di creta. La prospettiva di cambiamenti più o meno significativi è sempre foriera di paura e chiusure. La novità destabilizza, scuote, rompe gli schemi, butta fuori dalle «zone confort» in cui ci rifugiamo, facendoci sentire disorientati e smarriti. Anche Gesù nel Vangelo lo sottolinea: Nessuno che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: «Il vecchio è gradevole!». Prendere sul serio la sinodalità come stile e non come evento da celebrare richiede un investimento di energie non scontato e dunque la tentazione di spegnere il fuoco sinodale acceso da Papa Francesco è allettante, è forse la via più comoda anche se non quella più evangelica.

Non possiamo però misurare la realtà solo «orizzontalmente», contando sulla nostra disponibilità come unica arma a disposizione, senza lasciare spazio all’imprevisto e all’imprevedibile. Questo non significa aspettarsi miracoli dall’alto, ma credere che «lo Spirito c’è, anche oggi, come al tempo di Gesù e degli Apostoli: c’è e sta operando, arriva prima di noi, lavora più di noi e meglio di noi; a noi non tocca né seminarlo né svegliarlo, ma anzitutto riconoscerlo, accoglierlo, assecondarlo, fargli strada, andargli dietro». Queste parole del Cardinal Martini ci aiutano a mettere le cose al giusto posto, a ritrovare uno sguardo di fede che non escluda né l’azione divina né l’azione dell’uomo e che non le metta in contrapposizione ma in sinergia. Lo Spirito ci ricorda che ci sono istanti in cui il cammino deraglia oltre la soglia del nostro immaginare. Come dice la teologa Annamaria Corallo «e strade nuove le aprono le persone che si rinnovano». E che sognano una Chiesa sempre più aderente al Vangelo.

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