Alcune provocazioni sulla sinodalità quando interpella la nostra vita consacrata

Lo «spirito di famiglia» ha caratterizzato dalle origini fino a tempi più recenti i tratti della nostra vita fraterna: era il modo più normale e consono a ciascuna per vivere nella concretezza delle comunità. Anche a livello di Istituto, questo spirito esprimeva il senso di appartenenza, naturalmente senza alcuna presunzione di pienezza!

Era semplicemente la nostra modalità di vivere la vita fraterna, modalità che oggi chiameremmo sinodalità.

La diffusione dell’individualismo potrebbe aver spinto a togliere questa espressione dal linguaggio corrente ed ufficiale cercando di sostituirla con altro. Alla radice dell’Istituto rimane lo «spirito di famiglia», anche se strapazzato, non come forma affettiva di aggregazione, ma come principio motivante la vita fraterna in comunità. Recuperarlo non è così immediato, né semplice, ma per noi, che lo abbiamo ricevuto con la vocazione a Figlie dell’Oratorio, è già aperto il processo per viverlo, ad essere sinodali.

Don Vincenzo, il fondatore, ha messo alla base della missione apostolica la «sussidiarietà» nelle parrocchie, come ama dire Carlo Bellò, per indicare la specificità del nuovo istituto.

Il termine sussidiarietà, può essere considerato fondamentalmente come collaborazione, ma ha subito molteplici interpretazioni… dapprima come sottomissione ai parroci, poi come corresponsabilità, coinvolgimento, complementarietà, e non solo con loro ma anche con tutte le vocazioni presenti nella chiesa locale, laici, altri consacrati, organismi di partecipazione zonali e diocesani. Una prassi che la storia del nostro istituto, ci consegna piena di fatiche, in salita, ma non per questo inutile o meritevole di essere abbandonata.

Quando sentiamo parlare di vita consacrata e sinodalità non dobbiamo cadere nell’inganno che si debba ricominciare da capo, che si tratti di un inedito dei tempi attuali.

Guardando alla nostra storia e alla nostra vita, noi figlie dell’Oratorio siamo chiamate ad avere l’onestà intellettuale di riconoscere che l’imprint di sinodalità è nella nostra vocazione e ancora oggi, insieme all’espressione «spirito di famiglia» e «collaborazione» e a tante altre caratteristiche che siamo chiamate a recuperare, possiamo farla emergere attraverso piccoli e semplici gesti, e prassi di vita quotidiana.

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