La benevolenza (Una parola… 21)

Ha un senso parlare di benevolenza oggi? Sarebbe come seminare tra le onde del mare, o come spiegare la «verità» a Pilato.

La benevolenza non è un generico voler bene all’altro né un tentativo di amare l’altro, ma è vedere il bene in ogni cosa, vedere Dio all’opera in ogni persona, poiché Lui è tutto in tutti.

Dice san Vincenzo Grossi: «La benevolenza è un’esuberanza di noi stessi inondante il prossimo.

Per essa mettiamo il prossimo al nostro posto, lo trattiamo come vorremmo esser trattati noi, così che noi diventiamo il prossimo ed il prossimo diventa noi stessi.

Inoltre la benevolenza è un accorrere in soccorso altrui, quando il prossimo ne ha bisogno e noi possiamo far qualcosa per lui. Imitiamo Dio provvidente: la provvidenza è benevolenza divina».

Vivere la benevolenza è, pertanto, un invito a vivere a oltranza quei sentimenti di compartecipazione e di condivisione, che rendono la vita piacevole e degna di essere vissuta.

Continua san Vincenzo Grossi:

«La benevolenza addolcisce ogni cosa, fa rifiorire le ca­pacità della vita. La benevolenza fa opere non necessarie, ma fatte, assumono l’aspetto di vera necessità. Se allevia un dolore, non l’allevia solamente. Se soccorre un bisognoso, fa più che soccorrerlo: i suoi modi sono un’eccedenza, ma questa eccedenza è più preziosa dell’atto. Anche quando è parca nel largire, non è mai parca nelle maniere gentili, con le quali largisce.

Imitiamo Dio amore: il suo governo è tutta benevolenza.

La benevolenza umana riflette Dio».

Non si tratta allora di avere un metodo, o una pratica per diventare benevoli. La benevolenza è frutto dello Spirito.

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