Pagine di vita, racconti di un’anima (52)

Maleo, 22 settembre 1900

Ho iniziato gli esercizi spirituali all’insegna della rinuncia. Devo, infatti, rinunciare a starmene in un angolo, in silenzio e in preghiera, a chiudere la porta ad ogni pensiero e occupazione che non sia il Signore, perché mi è stata affidata, come negli anni precedenti, l’assistenza delle sorelle degli esercizi. Posso partecipare alle meditazioni, ma per il resto del tempo devo stare attenta che non manchi nulla alle suore anche riguardo l’assistenza spirituale. Evito, però, ogni chiacchiera inutile. Don Vincenzo, come suo solito, è arrivato poco prima della conclusione per animare tutte a fare propositi seri di santità. Ci ha incontrate una ad una per conoscere il nostro pensiero sulla possibile prossima superiora. Quindi ci ha invitate a dare il nostro voto segreto su chi consideriamo debba essere eletta. È stato un momento bello in cui ognuna si è sentita chiamata a dare un contributo di responsabilità. Quando però don Vincenzo mi ha chiamata per dirmi che dovevo essere io la superiora, in un attimo mi sono sentita invasa da una forza indicibile per respingere questo compito. Mi sono buttata in ginocchio ai suoi piedi supplicandolo di trovare un’altra suora perché io sono giovane, inesperta, un guastamestieri, una timida e impacciata. Più io piangevo e lo supplicavo, più lui era fermo nella decisione di impormi per obbedienza di accettare quella elezione e mi ha dato la sua benedizione a suggello della mia sottomissione. Sono rimasta tutto il resto della giornata accanto a lui mentre comunicava alle suore le loro nuove destinazioni. La testa mi scoppiava per quello che mi era caduto addosso e per il mio disorientamento davanti alle reazioni delle suore. Mi ha, poi, chiamata in disparte nella saletta e quasi a volersi far perdonare quel suo dovere di impormi il sacrificio di accettare il carico del governo, mi ha sorriso a lungo mentre mi parlava di altre questioni. Quindi mi ha comunicato che mi sarei fermata a Lodi, con le suore che già erano là e con le giovani aspiranti che avevano chiesto di entrare.

Quando tutte furono partite e anche don Vincenzo, venuta la sera, mi sono finalmente ritirata in camera. In ginocchio vicino al mio letto, ho pianto lacrime di sconforto. Il Signore, che conosce la mia persona nella verità, sa che non ho le forze per sostenere una croce così pesante.  Ho sempre sostenuto che ogni evento che porta l’impronta del dolore e del sacrificio è per me desiderabile, ma ora non lo sento più così. Sono rimasta a lungo senza riuscire a pregare, a pensare. Anche se non voglio ribellarmi, accetto questa croce dalle mani del Signore, ma spero proprio che sia per poco tempo! L’accolgo solo per Lui, perché il mio io possa essere consumato.

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