Cosa voglio fare con la mia unica e preziosa vita (Con-dividere è… 1)

…voglio Amare! Come sono arrivata a questa consapevolezza? In questo tempo mi è venuta incontro la parola «Castità» sia dalle giornate di formazione a Bugiallo (qui), sia dagli incontri spiccioli con la mia comunità, con il don dell’oratorio e gli educatori… È una parola che è ritornata con molta frequenza in questi giorni e per me è diventata un «richiamo» all’origine del mio cammino dove tutto è incominciato!

La castità, allora, come si è forgiata nella mia storia? Penso di non scandalizzare nessuno se dico che pronunciare i voti, alla prima professione, è stato solo qualcosa di convenzionale. Il senso profondo che quei voti racchiudevano sarei riuscita a comprenderlo solo più tardi…  le sberle della vita me l’avrebbero insegnato bene! Ho dovuto attraversare il tempo del travaglio delle decisioni, il tempo delle incertezze, soprattutto accettare di passare attraverso il mistero pasquale, tempo di solitudine, nel quale sono nate le mie radici profonde, ciò che ha dato solidità alla mia vita. È stato interessante scoprire come la solitudine non fosse un qualcosa da combattere, ma lo spazio adatto perché le domande faticose trovassero le risposte che contano, quelle che reggono. Ho sperimentato, con mia sorpresa, come la solitudine mi potesse liberare dal rischio di aggrapparmi a qualcuno per non doverla affrontare, e così poter scegliere di abitare questo tempo e questo spazio di morte che  è il mistero pasquale. Sceglierlo, accettarlo e attraversarlo mi ha fatto dono di una nuova consapevolezza: quanto Amore ci sia nella mia vita! A partire da questa esperienza, sono nate altre domande che mi hanno aperta ad una ulteriore ricerca: come posso esprimere l’Amore che mi abita? E questa ricerca mi ha aiutata a trovare nella Castità una delle mie radici che costituiscono un modo di stare nella realtà, e un modo di esprimere l’Amore ricevuto, che mi abilita ad una gratuità maggiore, ad una libertà più grande permettendomi di scegliere, di disobbedire a ciò che è corrotto, che va contro la vita. La libertà più grande permette l’onestà intellettuale di chiamare le cose con il loro nome, di uscire dallo stallo del “sempre si è fatto così” rompendo schemi mentali ormai obsoleti. In fedeltà ad un Amore ricevuto, che non si può trattenere perché si fa strada da solo. E questa libertà di movimento è possibile perché non c’è più la paura di perdere, al di là e nonostante le reazioni avverse che si possano scatenare, perché il rischio è solo sulla propria pelle e non su quella degli altri.

Per questo la vita consacrata all’interno della Chiesa è un «corpo scelto», come le teste di cuoio, per certe azioni comunemente considerate rischiose e pericolose, per certe sfide; fare quelle cose che altri non possono fare, ma che solo tu, io, noi consacrati con il voto di castità possiamo fare!

Diversamente la vita consacrata cesserà di essere profetica, perché le mille paure impediranno di correre i rischi che comportano il vivere la fedeltà creativa alla Buona Notizia diventando, al contrario, una telenovela o una parodia dell’umanità.

suor Gabriela Rios

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