Mons. Bonomelli e don Vincenzo Grossi
Per onorare la verità storica, non si può interpretare questa relazione a prescindere dalle relazioni reali di Mons Bonomelli con il suo presbitero.
E quando gli chiede la missione di Vicobellignano, la stima per le virtù e per le capacità pastorali si esprime senza alcun dubbio nel comando perentorio in nome dell’ubbidienza. Non si possono leggere questi scritti senza commozione per la stima e l’apprezzamento del presbitero che in essi vengono esaltati. Da parte del grande Bonomelli sono il frutto di una piena di coscienza e costituiscono il primo decreto di beatificazione firmato dall’autorità competente.
Alcuni episodi, riportati dai testimoni con un evidente tono apologetico, ma anche lo stesso Decreto di scioglimento del 1897, sono polvere di fronte alla solidità e all’evidenza documentata della posizione del Vescovo.
Può ancora trovare spazio anche solo un dubbio sottilissimo che tra i due non corresse buon sangue?
Commenta C. Bellò che «il Grossi e le figlie dell’Oratorio possono contare non solo sulla leale approvazione di uno dei più grandi vescovi, ma di una delle più alte coscienze religiose della chiesa contemporanea.
Il Vescovo riconosce e approva «lo sguardo solerte, verso la Chiesa a livello di popolo, una dedizione sincera e totale al ministero della carità, un continuo defluire dell’orazione in operazione, e l’assiduo risalire dell’azione verso le sorgenti della visibilità contemplativa» (C. Bellò).
Guardiamo a don Vincenzo Grossi non al passato, ma alla storia dell’uomo e a come l’ha vissuta per ricavarne uno slancio creativo nell’oggi.