Metodo: Non può essere un fuoco di paglia (Sintesi Nazionale fase diocesana – 10)

Il sinodo sulla sinodalità è probabilmente il più grande esercizio di ascolto e consultazione che la Chiesa cattolica abbia mai realizzato, almeno negli ultimi secoli. L’ascolto delle speranze e dei sogni, delle lacrime e delle intuizioni del popolo di Dio è avvenuto in «piccoli gruppi sinodali, in incontri e confronti assembleari, colloqui con singole persone, attraverso la somministrazione di questionari, la realizzazione di documenti da parte di alcuni gruppi», il tutto per permettere alla voce dello Spirito di emergere al di sopra dei conflitti e delle divisioni e per ascoltare l’esperienza concreta e vissuta di uomini e donne.

Mettersi in ascolto non è stato un percorso semplice né scontato, sono venute a galla molte resistenze e riluttanze, proprio perché si metteva in conto che l’ascolto non poteva essere fine a se stesso ma avrebbe dovuto inevitabilmente andare a braccetto con la disponibilità a rivedere molte cose nella Chiesa. Il processo però è stato avviato, e si spera in modo irreversibile. Per dirla con San Vincenzo Grossi, la via è aperta. Bisogna andare, fino in fondo e senza indugio. Non è un caso che qualche settimana fa Papa Francesco abbia ulteriormente allungato i tempi del Sinodo: il tema della Chiesa sinodale ha bisogno di un discernimento prolungato, proprio per la sua importanza e irrinunciabilità.

La sintesi mette «in luce il timore che l’entusiasmo e la voglia di partecipazione che l’esperienza dei gruppi sinodali ha generato possa spegnersi presto, se ad essa non viene data continuità e se il processo sinodale avviato non condurrà a cambiamenti concreti (prassi e istituzioni) nella vita delle comunità».

Il rischio è reale e la posta in gioco è molto alta. Questo mastodontico esercizio di ascolto fortemente voluto da papa Francesco potrebbe diventare un boomerang capace di ritorcersi contro la stessa istituzione ecclesiale. Se quelle che sono state definite «le perle del popolo di Dio» malauguratamente non dovessero ricevere la dovuta considerazione, se si dovesse cedere alla tentazione di teologizzare, commentare astrattamente, opinare su quanto emerso senza coglierne la reale portata, la Chiesa perderebbe in credibilità.

«La presa di parola da parte di ciascuno dei partecipanti, così che nessuno resti ai margini e l’ascolto della parola di ciascuno da parte degli altri e delle risonanze che essa produce» sono due passi che, per quanto migliorabili e perfettibili, possono dirsi certamente avviati in questo primo anno sinodale. Devono però sfociare «nell’identificazione dei frutti dell’ascolto e dei passi da compiere insieme». Il sinodo prima o poi terminerà, con tutte le sue varie fasi più o meno complesse. Ma non può finire la sinodalità che esso sta risvegliando. È giunto il momento di assumere con decisione le implicazioni del modello di Chiesa inteso come popolo di Dio, nella consapevolezza che non è sufficiente rivedere e rinnovare ciò che esiste, ma è necessario creare qualcosa di nuovo, facendo spazio a ciò che lo Spirito sta dicendo a tutta la Chiesa e non solo a una parte di essa.

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