Pagine di vita, racconti di un’anima (7)

Lodi, 2 maggio 1896

Ho conosciuto il padre barnabita, Luigi Zoja, che è diventato il mio confessore. È una persona di spicco nella chiesa e nel collegio San Francesco di Lodi, ma non ha dubitato un attimo ad accogliermi come sua penitente e con me anche gli altri membri della nostra piccola comunità. Mi sono messa con tutta l’anima nelle sue mani e lo seguo senza tentennamenti.

Amare Gesù, ma Gesù Crocifisso, è l’ideale a cui voglio tendere. Votarmi a Lui come ostia vivente, accettando e desiderando di morire a me stessa per Lui e con Lui, è il mio ideale e padre Zoja mi ha assicurato che mi avrebbe sostenuto in questo. Umilmente e docilmente  mi sottometto alla sua obbedienza: in lui vedo Gesù; non voglio negare nulla a Gesù  e confido che Lui non neghi niente a me. Il confessore mi ripete spesso che non posso mettere misura a quello che il Signore mi chiede. Amare il silenzio, l’abbandono, la sete di Gesù Crocifisso fino a poter dire «tutto è consumato» sono le parole che più mi rimangono nel cuore dopo le confessioni.

Quando mi parla, lo sento come un padre che parla ai suoi figli. Non ho alcun dubbio che si è preso a cuore la mia anima ma anche tutta la mia vicenda e so che è disposto a tutto pur di giovare a me, alla comunità e all’Istituto. Un giorno mi ha suggerito di avere un metodo di vita, ma vedendo che io non capivo a che cosa si riferisse, mi ha detto che mi aiuterà a tracciarlo.

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