Giuseppe, l’uomo dell’accoglienza

Secondo la genealogia di Gesù narrata da Matteo, dopo una serie interminabile di padri che hanno generato figli, arrivati a Giuseppe si dice non che genera Gesù, ma semplicemente che è chiamato ad accoglierlo.

Per accoglierlo però, deve accogliere Maria, sua madre, che è incinta.

Qui nasce il dramma per lui che è considerato uomo giusto.

Giuseppe pensa in segreto di rimandare Maria non perché ha dei sospetti sulla fedeltà della sua promessa sposa, ma per rispetto a quello che è successo e che gli hanno raccontato.

Questo bambino non è suo, e non può attribuirsi il merito di essergli padre, perché lui non ha fatto nulla. È troppo grande questa cosa. Non è giusto ricevere un riconoscimento, davanti alla legge e quindi pubblico, per qualcosa in cui lui non si è messo.

Giuseppe potrebbe aver detto tra sé: «Grazie, ma non è per me. Voglio essere coerente e non prendermi il merito per qualcosa che non è mio».

Questa giustizia di Giuseppe, che potrebbe essere considerata anche come onestà, in realtà è una trappola.

La giustizia di Dio, infatti, non è una bilancia a due piatti, nella quale si cerca sempre un equilibrio, ma è la promessa e l’affidamento di un dono inaspettato, immeritato e mai prevedibile.

Dio, quando ci coinvolge, lo fa sempre sovvertendo i parametri che ci siamo costruiti.

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