Dal cuore fisico di Gesù all’intimo della sua persona

La devozione al Sacro Cuore, pur avendo avuto una diffusione universale e capillare, non è riuscita a reggere il confronto con la devozione alla Vergine Maria e ad alcuni Santi. Si è indebolita fino ad essere considerata una pia pratica di altri tempi e quasi a scomparire con non poco disorientamento delle congregazioni religiose che hanno in essa la fonte del loro carisma.

Pio XII aveva intuito questo pericolo e nel 1956 ha pubblicato l’enciclica Haurietis aquas in gaudio  allo scopo di darle fondamento biblico e da devozione  portarla ad essere spiritualità. Purtroppo questo testo del Magistero non ha avuto la considerazione che meritava. Sotto la forza dei «venti» che spingevano verso una rinnovamento ecclesiale profondo, la devozione del Sacro cuore si è dispersa ed è stata accantonata.

Riportando un ricordo del Card Martini che richiama una pratica legata a questa devozione, vorremmo raccogliere  la provocazione che vuole riscattarla e riportarla alla  sua verità.

Racconta Martini: «Il mio personale cammino cristiano si era imbattuto fin dalla fanciullezza con la devozione del Sacro Cuore. Essa mi era stata instillata da mia madre con la pratica dei primi venerdì del mese. In questo giorno la mamma ci faceva alzare presto per andare alla messa nella chiesa parrocchiale e fare la comunione. C’era la promessa che chi si fosse confessato e avesse fatto la comunione per nove primi venerdì del mese di seguito (non era permesso saltarne uno!) poteva essere certo di ottenere la grazia della perseveranza finale. Questa promessa era molto importante per mia madre. Ricordo che per noi ragazzi c’era anche un altro motivo per recarsi così presto alla messa. Infatti si prendeva allora la colazione in un bar con una buona brioche. Una volta fatta la comunione per nove primi venerdì di seguito, era opportuno ripetere la serie, per essere sicuri di ottenere la grazia desiderata». Fin qui il suo ricordo.

Quando Martini entrò nella Compagnia i Gesù tra i temi di formazione trovò la devozione del Sacro Cuore, di cui i gesuiti erano stati i promotori, ma l’approccio fu totalmente nuovo, cioè «come vivere questa devozione, come lasciarsi ispirare nella propria vita spirituale dalla ricchezza e dalla meravigliosa varietà della parola di Dio contenuta nelle Scritture sul Cuore di Cristo». 

La devozione a cui era stato avviato da ragazzino, era concentrata soprattutto sull’onore e sulla riparazione al Cuore di Gesù, visto un po’ in sé stesso, quasi separato dal resto del corpo del Signore.

Nel tempo, sulla base della Sacra Scrittura, scrive sempre Martini «si è affievolita l’attenzione al simbolo specifico, cioè il cuore di Gesù, per diventare una devozione verso l’intimo della persona di Gesù, verso la sua coscienza profonda, la sua scelta di dedizione totale a noi e al Padre. L’approfondimento biblico ha aiutato perché il cuore viene considerato biblicamente come il centro della persona e il luogo delle sue decisioni».

Resta sempre da riconoscere un grande merito alla devozione del Sacro Cuore, quello di aver portato l’attenzione sulla centralità dell’amore di Dio come chiave della storia della salvezza.

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