San Filippo Neri e i nostri tempi
L’origine, l’indole, lo spirito di Filippo lo facevano familiare più ai venti della Riforma che allo stile rigido e moralista della Chiesa del suo tempo. Aveva simpatie per Gerolamo Savonarola, suo conterraneo di adozione, e il cui influsso non si era spento insieme alle fiamme del rogo a cui era stato condannato per eresia.
Filippo ha avuto intuizioni alternative a quelle ecclesiali del suo tempo: non furono illuminazioni improvvise, bensì una ricerca continua che ha costituito un po’il suo stile, senza alcuna rigidità e formalità.
«Non è necessario essere ecclesiastici per essere santi. La santità non esclude ciò che è umano, ma lo presuppone». Sono i punti forza della sua «spiritualità».
Per dieci anni, Filippo cercò la via della propria santità nel lavoro di precettore in una famiglia romana, nel pellegrinare notturno in preghiera, nel servizio e nell’assistenza ai pellegrini.
Da laico.
Poi diventerà sacerdote, ma non era la sua intenzione di fondo e primigenia.
Quando attorno a lui si costituì il gruppo degli oratoriani, non intendeva farne una congregazione, formarli ad un «carisma», dare delle regole perché riteneva che tutti indistintamente sono chiamati alla santità, secondo la consacrazione del battesimo: ogni battezzato è l’espressione della santità di Cristo.
I tempi attuali non sono molto dissimili da quelli vissuti da Filippo.
Filippo ci consegna una chiave per attraversarli.
Non estraniarsi dalla realtà umana e sociale, né demonizzarla, ma assumerla e viverci dentro da battezzati, da Christifideles laici.
L’Oratorio di Filippo, prima di essere un luogo, o una istituzione, è stato un modo di trovarsi insieme e di stare bene insieme. Semplici conversazioni sulla Bibbia, letture di vita dei santi hanno sostituito le grandi lezioni cattedratiche,
Il cristianesimo ritornava tra le persone.
Questa è stata la controriforma di san Filippo Neri.