Mons Bonomelli scorge don Vincenzo «pieno di zelo» (Guardare don Vincenzo con … 8)

È sempre la nota del Vescovo in margine alla visita pastorale che dice di don Vincenzo che è «pieno di zelo». Il Vescovo non frequentava le parrocchie per poter osservare di persona le attività pastorali, verificare l’assiduità del parroco al confessionale, la sua vicinanza alla popolazione, ascoltare i contenuti delle omelie domenicali e della catechesi ai fedeli.

Meno ancora nel caso di don Vincenzo, che era parroco di una piccola parrocchia in una frazione. Da dove avrà potuto cogliere i segni per definirlo pieno di zelo? Da una indagine previa? Dalle informazioni spicciole dei fedeli? Possiamo escluderlo perché il Vescovo Bonomelli non si affidava al sentito dire. Voleva conoscere direttamente e maturare le proprie considerazioni.

Il Vescovo sapeva che questa comunità era schiava di una propaganda anticlericale e ora, in occasione della sua visita, la vede trasformata, in pochi anni, in una specie di «conventino». Ha verificato sui registri della parrocchia che era stata fatta recentemente una «missione» benedetta da Dio per il ritorno alla pratica sacramentale di quasi tutti i lontani. Ha verificato che i ragazzi della catechesi erano ben istruiti e soprattutto ha notato un grande concorso di adulti e giovani alla «Parola di Dio» o catechesi domenicale.

E non ha constatato la presenza di stampa o libri o gruppi di anticlericali. Frutti buoni e così abbondanti non nascono da soli ma hanno bisogno di cura continua, di dedizione assidua, di spirito di iniziativa e di adattamento, di «zelo».

Per Mons. Bonomelli le iniziative del parroco, quelle o altre, non facevano la differenza. Ha seguito il criterio evangelico dettato da Gesù stesso: «Dai loro frutti li riconoscerete» (Mt16,20). Ha potuto vedere di persona che i frutti c’erano e, dunque, don Vincenzo era un prete pieno di zelo.

 

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