San Vincenzo Grossi, ossia «il suo racconto di Dio»

 

Celebriamo, oggi, la memoria liturgica di san Vincenzo Grossi, parroco e fondatore delle suore Figlie dell’Oratorio. È uno dei tanti santi del calendario, né del tutto sconosciuto né molto noto; è sicuramente un santo che, come tutti i santi, è stato originale, «a modo suo», perché ha svelato qualcosa del Volto di Dio. Dio nessuno l’ha visto, i santi ce lo raccontano.

 Le storie degli uomini e delle donne di Dio, i loro volti, le loro vite sono i racconti più belli di Dio.

Senza Abramo, senza Mosè, senza Maria di Nazareth… senza Gesù e senza tutti i servi di Dio che cosa sapremmo di Dio?

E San Vincenzo Grossi che cosa ci racconta di Dio?

Scrutiamo le rughe del suo volto austero, le pieghe della sua tonaca sdruscita, le grosse mani un po’ contadine, le scarpe sgangherate, lo sguardo che non cattura niente e nessuno ma che scruta ogni cosa, la sua esistenza ordinaria, ma non marginale, di prete di campagna.

Che cosa ci dicono di Dio?

Don Vincenzo ci racconta di un Dio che, lasciati gli agi, percorre le strade polverose degli uomini, e intreccia la sua vita con le loro vite, faticose e pasticciate, e diventa ora fiducia, ora speranza, accoglienza, benevolenza, sempre perdono. Non solo, ma anche pane condiviso, lavoro offerto, provvidenza insperata, istruzione conveniente, consolazione sanatrice, intrattenimento sano, formazione appropriata: e per dirla in due parole amore e cura.

La vita di Don Vincenzo racconta che Dio è un padre che lascia la porta di casa sempre aperta, perché l’ingresso non è riservato a quelli che lo meritano, ma a tutti, e che tutti gli stanno a cuore perché sono suoi figli e la loro presenza non lo affaticano, ma anzi lo allietano.

La veste, le scarpe, le mani di don Vincenzo raccontano di un Dio che apprezza non i servi impeccabili, ma quelli operosi e vigili, con i grembiuli cinti ai fianchi.

Lo sguardo di don Vincenzo racconta di abbracci che non trattengono, di attenzione che non assilla, di guida che non circuisce, di severità che non incute timore, di rimproveri che non umiliano, è lo sguardo di chi sa di essere solo uno strumento attraverso il quale ciascuno può scoprire che Dio gli è vicino.

Don Vincenzo non racconta di un Dio sconosciuto e inedito, ma a noi che siamo un po’ come i bambini che chiedono al papà il racconto sempre della stessa favola, piace, ogni volta che guardiamo a lui, riconoscere che dietro a questo prete un po’ ruvido e campagnolo, c’è un Padre, Dio Padre!

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