Tutti fratelli… e sorelle? (Fratelli tutti 10)

La Fratelli Tutti è una «lettera rivolta a tutte le persone di buona volontà, al di là delle loro convinzioni religiose […] e chiunque può lasciarsi interpellare» (FT 56). Quando si parla di amore, accoglienza, pace, amicizia, di salvaguardia dei diritti umani e del creato, siamo chiamati in causa tutti, senza distinzioni. Il testo dell’enciclica è scritto senza un riferimento preciso alle donne, non perché siano escluse dalla costruzione di un mondo più fraterno, ma semplicemente perché nella lingua italiana il genere grammaticale maschile viene considerato valido per entrambi i sessi. Se si parla di «fratelli tutti» è implicito il riferimento a tutto il genere umano. È anche vero però che oggi, sul tema dell’inclusione femminile, sta maturando una sensibilità diversa, che pone l’accento anche sull’importanza del linguaggio, non così neutro come spesso si pensa. La mancanza di un lessico inclusivo che coinvolga apertamente anche le donne, può alimentare, anche involontariamente, un forte effetto di esclusione e di rafforzamento di stereotipi sia sul piano sociale che ecclesiale. È importante cosa si dice, ma è importante anche il come lo si dice e con quali termini, perché già questo veicola il valore che si vuole comunicare.

«Oggi c’è ancora bisogno di allargare gli spazi di una presenza femminile più incisiva nella Chiesa. In genere le donne vengono messe da parte», diceva Papa Francesco nel video dell’apostolato della preghiera dello scorso ottobre (https://www.youtube.com/watch?v=lOo2L6B8kfo).

Parole a cui sono succedute nel giro di poco tempo anche scelte significative concrete nel cammino verso l’eliminazione del «gender gap»: il Motu Proprio con cui viene dato alle donne – in forma stabile e istituzionalizzata – l’accesso ai ministeri dell’accolitato e del lettorato, prima riservati soltanto agli uomini; e la recente nomina di suor Nathalie Becquart alla carica di Sotto -Segretario del Sinodo dei Vescovi, prima donna a ricevere questo incarico e dunque prima anche ad avere la possibilità di partecipare al Sinodo non solo come uditrice, ma con diritto di voto.

Sono due porte aperte che assumono un forte significato simbolico nel cammino verso una reale parità di genere e nel superamento di una mentalità maschilista, più o meno esplicita. Ed è questo un tema ineludibile se si parla di fraternità universale, che viene accennato al n. 23: «l’organizzazione delle società in tutto il mondo è ancora lontana dal rispecchiare con chiarezza che le donne hanno esattamente la stessa dignità e identici diritti degli uomini. A parole si affermano certe cose, ma le decisioni e la realtà gridano un altro messaggio. È un fatto che doppiamente povere sono le donne che soffrono situazioni di esclusione, maltrattamento e violenza, perché spesso si trovano con minori possibilità di difendere i loro diritti». Tra le ingiustizie perpetrate ai danni dell’umanità, c’è anche quella subita dalle donne: una delle ultime notizie degli effetti disastrosi della pandemia sull’economia è che solo in Italia a dicembre sono stati persi 101 mila posti di lavoro e di questi, 99mila erano occupati da donne; un dato che parla da sé. La cronaca ci mette quotidianamente di fronte ad abusi e violenze fisiche, sessuali e psicologiche inflitte a troppe di loro, semplicemente per il fatto di essere donne. Non di rado purtroppo tutto questo avviene in ambienti che dovrebbero preservare e proteggere: la famiglia, il luogo di lavoro, la chiesa stessa. C’è bisogno di mettere più in evidenza questi nodi che strozzano la fraternità universale, di non tacerli.

La proposta di tutta l’enciclica è andare verso la costruzione di una società davvero fraterna, per non essere sopraffatti dall’indifferenza e dall’odio che danno origine a nuovi muri. Noi donne ci siamo, siamo parte della grande famiglia umana e come tali vogliamo continuare a costruire fraternità e sorellanza, nella consapevolezza che la categoria dell’unica umanità è la sola che può aiutarci a superare l’asimmetria delle relazioni; non si può realizzare la fraternità se si esclude una parte dell’umanità.

Rispondi