Fondatore? Direttore? Presbitero!

Nella tradizione dell’Istituto ogni volta che si nomina san Vincenzo Grossi si dice: «il fondatore». Anche oggi, dopo cinque anni dalla sua canonizzazione, suona più familiare «fondatore» che san Vincenzo. Eppure Lui, vivente, ha rifiutato categoricamente tale titolo: si faceva, invece, chiamare «direttore».

Santo, fondatore, direttore, che chiamar si voglia, non cambia la sostanza della sua esperienza e della sua missione: una vita spesa nella cura d’anime, senza sospensioni per  vacanze né conclusione a causa dell’età avanzata. Una cura che non si è chiusa con la sua vicenda terrena ma che continua, oggi, anche nella denominazione di una delle Unità Pastorali della zona V della diocesi di Cremona: Unità pastorale san Vincenzo Grossi. La scelta del nome è intenzionale, perché raggruppa alcune parrocchie del territorio dove lui ha svolto la maggior parte del suo ministero, il casalasco. Ma anche perché tutti i parroci e i sacerdoti in cura d’anime, che non si percepiscono come redivivi san Giovanni Bosco o mons Tonino Bello o un qualsiasi altro fuoriclasse pastorale, possano svolgere la loro missione certi che la grandezza di un prete non la fanno le opere e i numeri, né i followers, bensì un cuore «trafitto» da Dio e un servizio disinteressato alla propria comunità cristiana, svolto semplicemente, ma fatto bene, come Dio comanda.

Per noi, suore figlie dell’Oratorio, la memoria liturgica di san Vincenzo Grossi, è una chance per riaccendere o rinvigorire la cura d’anime che, pur senza le caratteristiche di quella sacerdotale, la riflette e la perpetua nella Chiesa, e risale fino al cuore del nostro Fondatore, prima e soprattutto presbitero.

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