Un vento di libertà per aprire nuove vie e… rischiare

In questi giorni la Chiesa attorno a Papa Francesco  ha affrontato un tema spinoso «I giovani e la Chiesa». In questa atmosfera mi è stata posta questa domanda: «Cosa sono state e sono per te le Figlie dell’Oratorio? Che cosa hai visto di bello in noi? Che cosa ti aspetteresti ancora e quindi che cosa pensi le Figlie dell’Oratorio possano dare ancora ai giovani?»

Pensavo di dare una risposta immediata e quindi forse scontata, ma questa domanda ha aperto una riflessione. Posso riassumere senza dubbio il «Cosa sono state per te le Figlie dell’Oratorio» con tre parole STARE, SCOPERTA e LIBERTÀ. Tre parole che rispondono anche alle altre domande.

Inizio dalla parola STARE. Essa racchiude una dimensione di attenzione al prossimo; pensiamo allo «stare» come all’esserci, allo stare accanto, potremmo dire all’accompagnare. Sì, care Figlie dell’Oratorio, se penso a voi, la prima cosa che penso è questa, che si è concretizzata con svariati episodi di vita vera:

  • Suor Gabriela Rios che venne a riprenderci nei parchetti di Zelo. Guardammo un po’ straniti questa suora che si sedeva sulle panchine o sul bordo della fontana con noi, ascoltava i nostri discorsi e scherzava con noi. Le lasciammo aperta la porta del cuore e lei piano piano ci entrò instaurando diverse relazioni con quasi tutti nel rispetto delle differenti identità. Alla fine ci portò a tornare in Oratorio e li ci accompagnò formandoci ad un impegno per gli altri e per la ecclesia; ci fece comprendere come la messa e la relazione con Dio fosse l’alimento a tutte le attività che organizzavamo o a cui partecipavamo.
  • Suor Cesarina che mi insegnò che la catechesi non può essere improvvisata ma preparata, certo con exploit dovuti alle ispirazioni dello Spirito. 
  • Suor Lucia Ligabue che accompagnava le ragazze nella fase della crescita e sosteneva con ragione che servono accanto ai momenti di riflessione misti maschi-femmine anche momenti per solo le ragazze e solo per i maschi. Aveva ragione: la sessualità, la corporeità, l’affettività si vivono in modo differente. Cosi propose i pomeriggi di moda, in cui le ragazze si trovavano per cucire ed imparare a realizzare qualche vestito. In quegli incontri parlava con loro e le educava alla vita cristiana.
  • Suor Rosina Fucci e Suor Vittorina Lenardon passionarie della gioventù, come dimenticare il suono delle loro voci e risate che riempivano l’Oratorio?!
  • Suor Domenica che viveva con un piede alla scuola materna e l’altro all’Oratorio.
  • Suor Fernanda e suor Elisa con la loro vicinanza alle famiglie.
  • Suor Onesta con la sua dedizione ai malati e alle famiglie, oltre alla scuola materna.
  • Suor Rita Rasero che ha ascoltato i miei tanti sogni ed idee.

La seconda parola è SCOPERTA. Scoperta intesa sia come assaporare qualcosa di nuovo, sia come togliere il velo che copre. Questa operazione la devo a Sour Maria Luisa e a Suor Immacolata. Entrambe mi han fatto capire in modo indelebile il carisma delle Figlie dell’Oratorio, il sogno di don Vincenzo. Quando si vivono periodi storici non idilliaci come questo, anche nella Chiesa, è necessario meditare sulle origini. Su cosa si fonda il mio «si». Per voi Figlie dell’Oratorio è vero che questo «si» si fonda su Gesù Cristo (ci mancherebbe altro), ma deve necessariamente includere il sì al sogno di don Vincenzo. Se questo sì non c’è, mi dispiace, ma avete sbagliato famiglia religiosa. Suor Maria Luisa mi ha tolto il velo e ha buttato nuova luce su «cos’è l’Oratorio» secondo l’idea di Filippo Neri, una famiglia che racchiude le altre. Non per niente si diceva «l’oratorio è il cortile della chiesa». E Suor Immacolata mi ha insegnato «come si fa Oratorio». Nonostante abbia passato tanti anni in Oratorio, prima come bambino/ragazzo e dopo come animatore/catechista, se non avessi incontrato suor Immacolata non avrei mai capito fino in fondo come si fa Oratorio. Non si vive l’Oratorio e non si sta con i ragazzi solo in funzione del momento in cui noi siamo li presenti. Bisogna portare I ragazzi a crescere, a fare un cammino serio che si traduce in «torniamo a fare una seria pastorale giovanile», perchè quella dei pretipizza e suorepizza ha fallito. I ragazzi si seguono e si accompagnano, come diceva don Tonino Bello, facendoci «educatori sulla soglia». La pastorale giovanile non è una disciplina scolastica, immutabile nella sua applicazione, essa deve evolversi ed adattarsi a ogni ragazzo, uno ad uno. Quasi mai lo stesso schema funziona su più ragazzi, se cosi fosse stiamo plasmando una setta e non persone a cui Dio ha donato intelletto. 

Care Figlie dell’Oratorio, la mia prima «critica» arriva qui: avete smarrito questo punto, che è proprio del sogno di don Vincenzo. Non ditemi come fece una di voi «ma nel mio oratorio c’è un gruppo di 20 ragazzi», e, alla mia domanda: «Quando te andrai in un’altra comunità loro cosa faranno? Li accompagnerai a distanza?» risposta fu: «Ma non è un compito nostro». Zero! care amiche, se pensiamo cosi abbiamo toppato la pastorale giovanile.

Altro punto fondamentale del sogno di don Vincenzo, la collaborazione con i sacerdoti. Per molti anni care Figlie dell’Oratorio avete vissuto il servilismo ai parroci e alle diocesi, non la collaborazione. In una collaborazione si deve dire sì quando si condivide e no quando si è di opinione diversa.

Ultima parola LIBERTÀ. Papa Francesco, nel canonizzare Paolo VI e Oscar Romero, ha parlato della libertà di seguire Dio abbandonando spesso le cose che ci danno sicurezza.  Altrimenti rimarremo dei «giovani ricchi». Voi mi avete confermato questa strada con il vostro esempio del passato, ma oggi cosa vi sta a cuore? Le anime dei giovani, la loro vita, il loro futuro? O le sorti economiche delle strutture che avete ereditato? Se è la prima: forza, prendete coraggio e tornate a STARE con loro e a fargli SCOPRIRE la vera Gioia che porta alla LIBERTÀ. Se è la seconda: mi dispiace ma non ci sarà un gran futuro. Qualcuna di voi mi criticherà di irrealismo, dico a voi che senza questa libertà il vostro stare non sarà un esserci dinamico ma uno stare statico che non porta frutto. Senza questa libertà, la riscoperta delle vostre origini e del vostro «si» sarà semplicemente seguire il «abbiamo sempre fatto cosi» che porta sterilità.

Il mio augurio è che un vento di Libertà dalle paure, dalla gestione delle cose materiali, dai bilanci annuali vi ridia slancio. Vi porti a radunarvi tutte e a scegliere su quali progetti investire. Vi porti ad immaginare nuove vie ed a rischiare.

Buon discernimento, care amiche!

Marco Locatelli

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