Echi dal Congresso Internazionale: «Giovani e scelte di vita» (4)

Ancora sul discernimento

Il prof. Cicchese ci ha offerto degli spunti per una rilettura antropologica della dinamica della scelta libera dei giovani, a partire dalla loro relazione con il tempo.

Spesso pensiamo ai giovani come al «futuro». In realtà essi sono il solo «presente» che abbiamo.

In un contesto sempre più globalizzato, ci si può chiedere con le parole del salmo: «Come potrà un giovane tenere pura la sua vita?». La risposta: «Con tutto il cuore ti cerco, non farmi deviare dai tuoi precetti» oggi non è più scontata, perché la scelta di fede non è l’unica possibile. Dal «cogito ergo sum» siamo passati al «sento ergo sum» oppure al «consumo ergo sum».

I giovani sono sedotti da sirene tecnologiche ed esposti a condizionamenti mondani. Vedendo che molte cose non cambiano, si demotivano, ritenendo che non ci sia spazio per loro e per la loro intraprendenza.

Hanno un rapporto problematico con il tempo, perché tutto è «velocizzato» (basta pensare alle comunicazioni e alla «messaggistica istantanea»). Sono prigionieri del presente, racchiusi nel «qui ed ora», trappola dell’eternità.

L’uomo moderno ha smarrito la sua bussola più preziosa, il rapporto con il tempo lineare (che va dall’infanzia alla maturità). Ora il tempo è «circolare», quindi snaturato, e ciò genera un individuo schiavo del presente, schiavo di se stesso, narcisista, sempre di fretta, che cerca una 

seconda vita virtuale attraverso la quale esprimersi appieno.

Con l’avvento di internet, nel nostro processo di cognizione diventiamo incapaci di discernere, selezionare, analizzare.

Il tempo, per ritornare alla sua dimensione reale, deve riprendersi l’attesa.

Una scelta libera presuppone umiltà e disciplina, quindi attesa, un processo graduale e un tempo lineare, un camminare, non correre.

Come si fa ad essere liberi in questo mondo nel quale la tecnica sembra governare le nostre vite?

Come educatori, siamo chiamati ad aiutare i giovani a scoprire che il camminare, non solo li fa avanzare, ma permette loro di conoscere meglio la propria identità. Essi infatti non sono soli e molti altri sono in cammino come loro e con loro. Qui è il valore della vicinanza, della testimonianza, dell’alleanza educativa.

Per aiutare a discernere e a scegliere non dobbiamo tralasciare di indicare di «entrare per la porta stretta», che esige impegno, umiltà, fatica.

Anche la pedagogia ci offre degli spunti su come formare i giovani alle scelte libere e responsabili.

Il prof. Grzadziel ci ha illustrato alcuni dinamismi motivazionali, affettivi e volitivi.

Le scelte sono un processo che si svolge su processi cognitivi e metacognitivi. Secondo la teoria del carattere, ognuno si chiede «che tipo di persona voglio essere?», quindi, in base alle capacità che ha sviluppato, prende delle decisioni concrete. 

Partendo dal presupposto che oggi molti hanno problemi con il τέλος (il fine), con l’obiettivo da raggiungere, come educatori siamo chiamati a far sviluppare nei giovani l’interesse per qualcosa, la curiosità, la responsabilità. Comprendiamo bene che queste non sono qualità che si acquisiscono leggendo un libro, ma richiedono adeguati processi formativi ed educativi. Possiamo chiederci: come la scuola suscita e sviluppa la curiosità? E noi? Cosa facciamo per aiutare i giovani con cui entriamo in contatto ad avere curiosità per il mondo che li circonda e ad impegnarsi in esso? Cosa facciamo per renderli consapevoli del fatto che essi sono attori ed autori del libro della propria vita e che lo sono insieme agli altri? Spesso pensiamo che “il Vangelo ha dentro tutto” e che allora basta solo “raccontarlo bene”… Beh, non è proprio così.

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