Cuore aperto sul Sinodo (11)

«Se noi sogniamo, i giovani sognano. Il problema dei giovani riguarda tutta la Chiesa, è importante per capire quale Chiesa vogliamo essere. Se saremo in grado di sognare e di guardare con convinzione al futuro, anche per i giovani si apriranno prospettive e la Chiesa non sarà qualcosa di distante e incomprensibile ma qualcosa di cui i giovani possono essere protagonisti».

Mons. Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna

Così si è espresso mons. Zuppi durante la giornata di ieri, facendo eco a quanto già detto da Papa Francesco nell’omelia della messa di apertura del Sinodo: «Sappiamo che i nostri giovani saranno capaci di profezia e di visione nella misura in cui noi, ormai adulti o anziani, siamo capaci di sognare e così contagiare e condividere i sogni e le speranze che portiamo nel cuore».

I giovani dunque, con la loro semplice presenza, interpellano e provocano il mondo adulto a non accomodarsi, a non tirare i remi in barca, a non restare seduti in pantofole sul divano, convinti di «avere già dato a sufficienza», ma di continuare a stare sulla breccia, perché la santa inquietudine di Cristo non si spenga nel cuore di nessuno.

Sognare non è certo un’evasione dalla realtà  o una scorciatoia, ma un atteggiamento dell’intelletto e del cuore. È guardare con mente aperta al futuro, pensare in grande, aprire orizzonti, individuare una nuova creatività .

Sognare, a differenza di quello che si può pensare, non è facile. Occorre grande forza interiore per non cedere alla tentazione dell«ormai». Ormai non c’è più nulla da fare, tiriamo a campare. Ormai siamo pochi, ormai non abbiamo forza per far fronte ai cambiamenti in atto, ormai, ormai, ormai…  Sognare significa lottare contro il cinismo e la disillusione, contro il cosiddetto «buon senso», che con la sua parvenza positiva, porta alla rassegnazione e a uno sguardo piatto e omologato.

Sognare è una scelta, non qualcosa che nasce da cuori disincarnati e idealisti. E torna in mente il famoso discorso di Martin Luther King in cui diceva: «I have a dream, io ho un sogno». Il suo era quello di una società libera dal razzismo e dalle discriminazioni. E il nostro, oggi, qual è?

Rispondi