Santi, da altare o della porta accanto?

«È davvero affascinante, e forse anche sorprendente, poter riscoprire e gustare che tutte le nostre vite sono chiamate a vivere la Santità.

Ce ne eravamo scordati un po’ tutti… pur essendo questa una delle intuizioni più feconde e profetiche del Concilio Vaticano II, nella Costituzione dogmatica Lumen gentium (21 novembre 1964)».

A ricordarcelo ci ha pensato lo stesso Papa Francesco, con la sua esortazione apostolica «Gaudete ed Exultate»  nella quale evidenzia in mille modi che «la santità non è una prerogativa soltanto di alcuni magari super-uomini; la santità è un dono che viene offerto a tutti, nessuno escluso, per cui costituisce il carattere distintivo di ogni cristiano».

E indica le diverse porte di ingresso al mistero della santificazione della vita: l’umile apertura del cuore alle Beatitudini, la generosa semplicità della dedizione per i più abbandonati, la preghiera e l’adorazione di Dio in spirito e verità.

San Vincenzo Grossi scriveva già nel 1878  che «La santità è possibile a tutti i cristiani ed in tutti i tempi, secondo la misura della loro rispettiva vocazione. L’età, la condizione, la salute, la ricchezza, non influenzano negativamente la pietà, quando si vuole con volontà sincera amar Dio e il prossimo. Un giovanetto può essere pio come un vecchio, un laico come un prete, un povero ed un operaio altrettanto che un ricco o un principe. Quando si ama Dio ed i fratelli di tutto cuore, e si evita il peccato volontario, col mezzo assiduo della orazione e dei Sacramenti, si è pii e si può divenire grandi Santi».

La santità è il volto più bello della Chiesa: è composta dai volti di un popolo di invisibili che senza pretenderlo o presumerlo hanno impedito e stanno impedendo al genere umano di sprofondare nell’omologazione che umilia ed imbruttisce.

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