Gesù, risorgendo, compie le sue promesse.

Don Vincenzo aveva vissuto i giorni della Settimana Santa e dell’Ottava di Pasqua in full immersion: confessioni, comunioni, benedizioni delle case e le varie celebrazioni si erano susseguiti in un ritmo incalzante. Aveva perfino rotto la routine della perpetua la quale, irriducibile nel non riconoscere varianti nel suo servizio, considerava alcuni orari indiscutibili come i dogmi di fede e, appena le si presentava l’occasione, non rinunciava alle sue proteste verbali piuttosto aggressive.

Don Vincenzo, ovviamente non la contraddiceva, e mentre si adoperava in un ministero che nel tempo pasquale si faceva  pressante, non toglieva lo spazio alle proprie meditazioni. Aveva, infatti, il dono dell’attenzione del cuore per quello che ascoltava o percepiva durante i riti, e gli bastavano poche centinaia di metri da percorrere in silenzio o una pausa anche breve per riprendere il filo della meditazione.

«Gesù, risorgendo compie le sue promesse.

Aveva promesso al Padre… aveva promesso ai discepoli….! Queste promesse erano magnifiche, e incominciavano ad avverarsi non appena era risuscitato; e se la sua risurrezione miracolosa provava la verità delle sue promesse, tale verità era la prova più decisiva del miracolo della sua risurrezione».

Insomma la realizzazione delle promesse era la prova maestra della verità che era risorto!

Questa considerazione lo riportava alle promesse che puntualmente e sinceramente faceva nel Sacramento della Penitenza, ove sentiva di sperimentare una nuova vita, come una risurrezione particolare  e personale.

Pieno di fervore, si proponeva ogni volta mille mezzi per conservare la grazia, per ciascuno dei suoi difetti si prescriveva un particolare rimedio, ma…

Un interrogativo gli premeva nel cuore.

Perché non perseverava nella nuova vita di «risorto» che la Confessione gli aveva dato? Perché dimenticava ciò che aveva promesso di fare per conservarla?

Su che cosa confidava? Sulla grazia di Dio o sulla buona volontà?, si chiedeva.

Per scusare le colpe ricorreva, infatti, alla propria debolezza; e per giustificare la presunzione, alla forza della sua volontà.

Gesù, nella risurrezione, aveva ricevuto la potenza del Padre che non gli sarebbe più stata tolta: infatti, tutto ciò che aveva di terrestre e mortale era rimasto inchiodato alla croce.

E lui, don Vincenzo, capiva di non aver ancora consegnato alla croce per sempre e totalmente la sua umanità debole e fragile…

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