La sinodalità interpella la vita consacrata

In un tempo caratterizzato dal «mordi e fuggi», la proposta di papa Francesco di un percorso ecclesiale sulla Sinodalità che dura già da qualche anno ci sta spiazzando, perché è una continua provocazione. Quando ci viene consegnato un documento finale, è solo l’imput per proseguire nelle successive tappe. Il Claretianum – il Pontificio Istituto di Teologia della Vita Consacrata – nel Convegno annuale svoltosi dal 12 al 15 dicembre 2023 col titolo «Sinodalità e Vita Consacrata», ha voluto  offrire alla vita consacrata il proprio contributo per una riscoperta, analisi, e spinta a proseguire nell’acquisizione della dimensione della sinodalità. Raccogliamo alcune provocazioni che interpretano il tempo attuale della vita religiosa, ma più da vicino anche le nostre comunità, il nostro Istituto, e offrono argomento di riflessione oltre a suscitare desideri di cammini nuovi da intraprendere e antichi da riprendere.

 

La vita consacrata, che ha nella comunità cristiana primitiva il suo modello ispiratore, è stata nel corso dei secoli, fondamentalmente, una esperienza di sinodalità, ante litteram, cioè ancora prima che venisse introdotto il termine sinodalità nel linguaggio ecclesiale.

È quanto ha sottolineato suor Grazia Loparco nella relazione da lei offerta durante il Convegno che si è svolto al Claretianum nello scorso dicembre 2023 sul tema: «Sinodalità e vita consacrata».

La sua relazione dal titolo «Espressioni di sinodalità ante litteram e difficoltà nella vita consacrata: uno sguardo storico» si è presentata subito molto interessante, diremmo, intrigante; inoltre, la sua esposizione a velocità sostenuta, per poter rimanere nei tempi concessi, ha costretto tutti a riprendere la registrazione, favorendone in questo modo l’approfondimento, soprattutto della parte introduttiva, nella quale la relatrice si è trattenuta a lungo.

Il tema da lei presentato non è stato la classica sfida rivolta alla vita consacrata perché avvii cammini di sinodalità, perché imposti la formazione iniziale e permanente, l’esercizio del governo, le attività apostoliche in modalità «sinodale», ma un invito, – ed ha anche suggerito il metodo – a rileggere la storia del proprio Istituto, cercando di scorgere nei propri documenti – quelli delle origini come quelli successivi e attuali! – nelle consuetudini e nella prassi attuale i segni della sinodalità; di più: le esperienze di sinodalità.

Stringendo gli argomenti la relatrice ha posto alcune domande:

  • I tratti socio-culturali ed ecclesiali del tempo in cui è vissuto il Fondatore, il territorio da cui proveniva lui come le prime discepole, dove si sono costituite le prime comunità, quali prassi di partecipazione, di comunione, di condivisione, di corresponsabilità racchiudevano ed esprimevano e come hanno interagito nella fondazione e nelle persone che ne sono state le artefici?
  • Quale ecclesiologia è alla base di un Istituto religioso? Quella gerarchica o quella comunionale?
  • L’impostazione della vita comunitaria che tratti riflette? Quelli della famiglia patriarcale o il travaglio di una trasformazione, di una emancipazione che vede l’apertura al coinvolgimento e alla emancipazione delle donne?
  • Il passaggio dalle origini alla fase della istituzionalizzazione come è avvenuto? Con un discernimento che ha coinvolto tutto l’Istituto o è stato imposto dall’alto?

Anche gli strumenti di partecipazione comunitaria al discernimento, quali i Capitoli generali, i consigli generali, i consigli locali, le responsabilità a diversi livelli della missione apostolica, ha proseguito la relatrice, possono aver fatto la differenza nella prospettiva della sinodalità concreta.

Ascoltare questa relazione è come se si fosse aperta una pagina di storia lunga sicuramente per noi, più di un secolo. È come se su un pannello elettrico si fossero accese decine e decine di luci rosse… e ad ogni led corrispondesse un racconto da approfondire.

Perché ripensare al passato? Perché studiarlo? Scrutarlo? Che cosa ha ancora di inedito da dirci? Ma soprattutto a che cosa serve per oggi?

Una volta riandare al tempo trascorso… si chiamava dietrologia, oggi, con questi interrogativi, possiamo chiamarlo profezia.

Dentro a quelle esperienze passate o più recenti si può trovare il racconto del nostro modo di vivere la sinodalità, per cui oggi non dobbiamo inventarci nulla, si tratta solo di riconoscerla per continuare ad esprimerla.

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