Sogno o son desto?
Nei racconti biblici spesso è Dio a far scendere sull’uomo un torpore quando sta per compiere qualcosa di inedito, altre volte è la persona che sceglie il sonno come forma di fuga e di oblio.
Giuseppe va a dormire dopo che ha maturato la decisione di ripudiare segretamente Maria, quindi il suo sonno non è un rifugio, ma il frutto di una coscienza tranquilla che ritiene di aver preso la decisione migliore.
Ma nel sonno Dio l’aspetta per fargli cambiare parere.
Giuseppe deve ritornare sulla sua decisione. Non è un uomo d’onore! …si potrebbe dire. Ma questa è l’ora X della sua trasformazione: da quel momento è investito dell’autorità paterna sul bambino che nascerà, ma dovrà prenderà le decisioni che gli verranno suggerite di volta in volta da Dio.
Giuseppe è ritenuto «il giusto», non necessariamente perché ha fatto bene ogni cosa, ma perché quando ogni sua facoltà di intendere e volere era spenta dal sonno, cioè quando non sapeva che risoluzione prendere e che scelte fare, ha recuperato in questo spazio sacro, ciò che Dio, in persona, gli offriva, cioè le coordinate per agire.
Non posso vivere nella aspettativa che Dio mi parli nel «sonno» quando sono disorientata, ma sicuramente non c’è situazione critica nella quale Dio, a mia insaputa, e senza segni anticipatori, mi comunichi la sua vicinanza e il suo accompagnamento.