Ci può essere speranza per un futuro (che sembra) impossibile?

I grandi racconti di opere stupefacenti ed iniziative gloriose in terra di missione, di vite interamente dedicate alla missione ad gentes, oggi sono velate da un diffuso senso del declino che generano tristezza e offusca di rassegnazione molti orizzonti. La rassegnazione, anche quella fondata su dati oggettivi, può arrivare a soffocare, fino allo spegnimento totale, ogni speranza.

Il rientro dei fidei donum senza che vengano sostituiti da altri, la mancanza di intercambio nelle comunità missionarie ad gentes per la diminuzione di vocazioni o per l’invecchiamento generale, la conseguente riduzione di presenza di religiose e religiosi nelle missioni, sono tutti elementi che fanno pensare che ci troviamo in una fase di non ritorno.

È possibile che il fuoco della missione ad gentes, si riaccenda tra di noi, nelle nostre comunità religiose e cristiane? Mons Delpini nella celebrazione conclusiva del festival della Missione di domenica pomeriggio rivolgendosi ai presenti non ha nascosto che le nostre comunità vedendosi impotenti a generare futuro, indugiano spesso nel lamentarsi del declino.

Sembra di ascoltare l’eunuco che si definisce: «Sono un albero secco…». Ma gli fa eco il profeta che lo rimprovera non per umiliarlo ma per offrirgli una promessa: «Accogliete il dono di Dio». In altre parole, ha  continuato l’arcivescovo, Dio si prende cura del suo popolo ma chiede al suo popolo di fidarsi di lui. La vita cristiana è darsi da fare… per lasciarsi fare. I frutti dell’albero sono opera di Dio, non di tattiche particolari di coltivazioni.

In questa fiducia a lasciarci sorprendere dall’opera che Dio compie, a non calcolare bilanci, a non lamentarsi del declino, consiste l’originalità del cristiano.

Il cristiano è originale perché dentro l’impotenza, si fida, perché sulle sue labbra è ricorrente la parola: Amen, così sia!

 

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