Chiesa e sinodo sono sinonimi (Sinodo 10)

Una Chiesa sinodale, nell’annunciare il Vangelo, «cammina insieme». Quali passi lo Spirito ci invita a fare per crescere nel nostro «camminare insieme»? Questa è la domanda che costituisce la spina dorsale del processo sinodale su cui tutta la Chiesa è chiamata ad interrogarsi. E per «tutta la Chiesa» si intende ogni membro, ogni persona, ma anche ogni gruppo, ogni aggregazione, ogni stato di vita, partendo dal presupposto – purtroppo non così scontato – che non ci sono classificazioni o graduatorie. Nessuno può dirsi più o meno vicino al Signore, più o meno spirituale in base alla sua vocazione. Siamo tutti in cammino per prendere coscienza di ciò che dice San Paolo agli Efesini: «Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio, Padre di tutti, che è al di sopra di tutti ed è presente in tutti» (Ef 4, 5-6).

Camminare insieme non significa annullare le differenze di carismi e di ministeri presenti nella Chiesa o omologarci ad una appiattita e svilente uniformità. Al contrario, significa riconoscere la diversità, ma collocandola nella consapevolezza che tutti e tutte siamo parte viva della missione di Cristo e membra del medesimo corpo, che trova la sua pienezza soltanto nell’unità delle differenze. Tutti e tutte siamo egualmente segnati dallo Spirito, ma nella straordinaria diversità dei doni elargiti a ciascuno; a tutti e tutte il battesimo ha conferito autorità e soggettualità da esercitare nella comunità, secondo la propria vocazione e il proprio carisma.

La mentalità di ieri ci aveva abituati a pensarci «ciascuno per conto suo»: i preti da una parte, i religiosi dall’altra, e i laici da un’altra ancora, oltretutto posizionati in modo tale da comunicare e confrontarsi non da pari a pari, ma a piramide, qualcuno più in alto e qualcuno più in basso, qualcuno con più autorità e autorevolezza e qualcuno a cui questa autorevolezza è (stata) negata.

Il punto di svolta che può dar vita a un nuovo stile di Chiesa forse sta proprio qui, nel riconoscersi fino in fondo fratelli e sorelle segnati alla pari dal sigillo battesimale e crismale, in una circolarità che non nega la varietà e l’unicità di ciascuno, ma le celebra e le valorizza. Per questo «il cammino della sinodalità – è ancora papa Francesco a dircelo, ma con lui anche la congiuntura storica che stiamo vivendo – è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio».

È una conversione che chiama veramente tutti ad essere una cosa sola per un compito che solo insieme si può portare avanti. Ed è in questo contesto che oggi è chiamata a porsi anche la vita consacrata e – all’interno di essa – anche noi Figlie dell’Oratorio. I religiosi e le religiose, in quanto chiesa, non possono esimersi da questo cammino di discernimento. Anche a noi è chiesta una trasformazione, un cambiamento che forse non sarà agevole, perché ci costringe a verificare quali strade sono da lasciare, quali da valorizzare, quali da scoprire e imboccare per far sì che la sinodalità non sia solo uno slogan ma diventi stile vissuto e incarnato, indispensabile come l’aria. San Giovanni Crisostomo diceva che «Chiesa e sinodo» sono sinonimi. Se non prenderemo decisioni, e se non le prenderemo insieme, in forma sinodale appunto, tradiremmo il nostro essere Chiesa.

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