Pagine di vita, racconti di un’anima (17)

Lodi, 31 maggio 1897

Voglio tenermi all’ultimo posto, quello dei bambini, non perché sono sui banchi di scuola, ma perché è così che mi devo considerare davanti a Dio e davanti agli uomini, anche se  tra i capelli spunta già qualche filo bianco.

Taddea mi rimprovera aspramente quando non le comunico apertamente il mio giudizio su certe questioni e in alcune occasioni. Di fronte alla sua insistenza ad esprimermi, io sorrido e le dico che la responsabilità è meglio che l’abbiano i forti e non i deboli e i guastafeste come me. Ovviamente lei si arrabbia quando parlo così. Soprattutto quando, chiedendomi un parere, io le rispondo «Fa’ come credi», lei rincara la dose dicendo che questa non è carità ed aiuto reciproco, ma scaricare tutto il peso sugli altri. Da parte mia cerco di rassicurarla che in caso di bisogno vero non mi tirerei indietro né con le parole né con i fatti.

Non intervengo su tutto, non per rinunciare alla responsabilità, ma per imparare a morire a me stessa, al mio orgoglio, alla mia superbia che avverto in fondo al cuore e al mio pensiero. Sono molto sensibile ai rimproveri, e avverto sempre una reazione improvvisa: so che mi dura pochissimo tanto che gli altri non se ne accorgono neppure, ma il mio animo ne rimane turbato, perché il mio orgoglio è assopito ma non sconfitto.

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