Intelligenza artificiale e pace

La Giornata Mondiale della Pace non è esclusivamente religiosa meno ancora cattolica. Nell’intenzione di Paolo VI, che l’ha istituita nel 1967 da celebrare il 1 gennaio, c’era la fiducia di poter incontrare l’adesione di tutti i veri amici della pace. La Chiesa cattolica voleva semplicemente «lanciare l’idea», nella speranza di trovare non solo largo consenso nel mondo civile, ma di favorire la nascita di promotori di pace. Questo rimane la motivazione di fondo dell’annuale messaggio del Papa in occasione della giornata a favore della pace.

Nel messaggio di quest’anno il Papa si sofferma sul tema della intelligenza artificiale, non per demonizzarla ma per rinforzare il principio che questa tecnologia debba essere motivo di cooperazione tra i popoli, di sviluppo delle nazioni, di promozione dei diritti delle persone.

Il Papa non nasconde che l’uso di armi cosiddette «intelligenti» o armi autonome, che conducono operazioni militari da remoto, contribuiscono ad un approccio freddo e distaccato dalla guerra. In chi pianifica azioni belliche sui computer la percezione della devastazione creata può perdersi e sminuire il senso di responsabilità. L’algoritmo guida l’arma fino al suo obiettivo e non fa alcuna distinzione tra cose e persone, civili o militari e non ne ha la responsabilità morale! Per questo ha bisogno che la supervisione umana sia capace di giudizio morale e di decisione etica perché «il cuore stesso, dell’uomo, non corra il rischio di diventare sempre più artificiale».

Il Papa non esclude la «possibilità che armi sofisticate finiscano nelle mani sbagliate, facilitando, ad esempio, attacchi terroristici o interventi volti a destabilizzare istituzioni di governo legittime». Come pure che «le più avanzate applicazioni tecniche siano impiegate per agevolare la risoluzione violenta dei conflitti». Sollecita invece che tali tecniche possano «pavimentare le vie della pace». Nel suo messaggio non trascura anche la possibilità che lo sviluppo di forme di intelligenza artificiale «accresca le troppe disuguaglianze e ingiustizie già presenti nel mondo…favorisca la tentazione di alzare muri per impedire l’incontro con altre culture, con altra gente».

La rivoluzione digitale pone sfide ed opportunità, «da consegnare alle generazioni future» a favore  della pace, che rimane sempre il frutto di relazioni, di cooperazione e di impegno nella ricerca dello sviluppo integrale di tutte le persone, e non, invece, una parità o peggio una preminenza dell’intelligenza artificiale ad uso bellico.

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