Né silenzio né rumore. In memoria di Giulia Cecchettin

Giulia Cecchettin. Un nome diventato tristemente noto nelle ultime settimane. Il femminicidio di questa giovane donna pare aver segnato in maniera più forte di altri l’opinione pubblica italiana. Sarebbe interessante comprendere come mai chi l’ha preceduta in questo macabro elenco di morte non ha suscitato lo stesso scalpore e la stessa reazione. Forse il vaso non era ancora colmo ed è toccato a Giulia – suo malgrado – farlo traboccare, far uscire il disappunto, l’irritazione, il rifiuto e la stanchezza covati da tante donne e uomini davanti a una mentalità e a comportamenti che in questi giorni non si è esitato a chiamare patriarcali. È stato proposto di fare un minuto di silenzio nelle scuole in memoria di tutte le donne uccise per mano di uomini. Silenzio che gli studenti hanno trasformato in rumore, in fracasso che grida a tutti che non vogliono stare più a questo gioco violento, che non è più accettabile tacere davanti a tanta brutalità e a tanta ingiustizia. Una reazione forse inaspettata, forse emotiva e di pancia, ma che è certamente messaggera di un malessere e di una sensibilità che non devono lasciarci indifferenti e da cui abbiamo solo da imparare.

Noi Figlie dell’Oratorio siamo donne consacrate in un istituto sorto per far fronte ai bisogni della gioventù  in un’epoca non favorevole al mondo femminile, dove ancora le suore erano pensate più dentro ai conventi che in mezzo alla gente, dove le ragazze non avevano accesso a tutti i mestieri e le donne erano pensate solo intorno al focolare e nell’ambito domestico. Anche nella nostra storia ci sono i segni di una relazione tra i sessi non paritaria, testimoniata dalle definizioni nei testi ufficiali delle nostre regole: dall’essere interamente soggette ai parroci nelle opere di zelo (1901), siamo passate ad essere umili cooperatrici dei parroci (1927) e per ultimo attive collaboratrici dei parroci nelle Costituzioni del 1989 e in quelle del 2017.  Mutamenti che non sono solo lessicali, ma espressione di un cambiamento nella visione della figura femminile nella chiesa e nel mondo.

I tristi segni dei tempi che stiamo vedendo e vivendo ci chiedono un ulteriore salto di qualità. Le giovani generazioni a cui siamo inviate con un ruolo educativo, sono proprio loro a insegnare qualcosa a noi. Il desiderio di reciprocità e parità di cui sono assetate ci pone degli interrogativi ineludibili e a cui siamo chiamate a rispondere se ancora vogliamo avere qualcosa di significativo da dire. Il nostro stile di vita, la nostra mentalità, il nostro linguaggio sono in un’ottica paritaria o continuiamo a porci in modalità subalterna? Come la cerchiamo e come la costruiamo? In cosa siamo segno di un’emancipazione possibile e in cosa invece siamo ancora segnate da un retaggio maschilista e patriarcale, presente, ahimè, anche nella chiesa?

Spessissimo su questo blog abbiamo dato risalto alla voce di papa Francesco che indica questo tempo come quello di passaggio da un’epoca a un’altra. Noi in che epoca vogliamo vivere? In che modo alimentiamo la nostra attesa per un tempo nuovo anche per le donne e qual è il nostro contributo per costruirlo e realizzarlo? Come viviamo la nostra femminilità? Quale immagine di Dio veicoliamo nella nostra catechesi e negli oratori che frequentiamo? Qual è la nostra parte perché anche nella chiesa cresca l’uguaglianza di genere tanto auspicata nella società e prefigurata nel Vangelo? Quale grado di consapevolezza abbiamo sugli abusi che sporcano e feriscono tante donne anche nell’ambito ecclesiale? Siamo disposte a non tacere e a denunciare la mancanza di equità? Come possiamo smettere di sminuirci e svalutarci, in nome di un’errata interpretazione dell’umiltà e dell’obbedienza?

Domande scomode e spiazzanti, a cui forse non sappiamo rispondere nell’immediato, davanti alle quali possiamo sentirci smarrite e disorientate. È importante non fuggire, non chiudere gli occhi, osare dei tentativi di risposta, creare alleanze tra noi e con i giovani e forse lasciarci prendere per mano da loro per incamminarci su strade nuove e sentieri imprevisti, per una rinnovata fedeltà al Vangelo e agli uomini e alle donne di oggi.

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