Castità, voce del verbo amare! (Condividere è… 4)

È passato poco più di un mese dagli incontri di Bugiallo con le «suore giovani» sul tema della castità.

Il mio cuore è ancora grato e riconoscente per quanto abbiamo condiviso in questo luogo meraviglioso in un clima sereno e gioioso. Ho avuto l’impressione che queste giornate di formazione fossero proprio esercizi di fraternità e… «di castità»!

Già, perché, se ripenso a quanto ascoltato sul tema della castità, ho l’impressione di averlo proprio vissuto in quei giorni, e sono tornata nella mia comunità con il desiderio di fare la mia parte per viverlo costantemente e con sempre maggiore consapevolezza.

Sì, perché ho scoperto che «castità è voce del verbo amare»: essa non consiste, in senso riduttivo, in qualcosa di strettamente legato al «non esercizio della sessualità», bensì in relazioni autentiche, mature, genuine, e queste desidero vivere, giorno dopo giorno, nel mio cammino di giovane consacrata.

La castità è espressione della piena umanità: richiede una conoscenza di se stessi e dei propri bisogni, e un’attenzione e una conoscenza dei bisogni degli altri.

Non è una «questione personale»: vivere la castità nel modo giusto o sbagliato ha riflessi enormi sulla vita comunitaria. Se vissuta male e con immaturità, infatti, rende le persone tristi, spente, acide, incapaci di gesti di tenerezza, di attenzione, e questo è deleterio e controtestimoniante! Se vissuta bene, invece, le relazioni fioriscono, ristorano e sono generative di piena umanità.

Non avevo mai letto nella vicenda di Gesù che si fa battezzare da Giovanni le basi di una relazione casta e matura. Padre Marco Grega ci ha aiutate a penetrare nel brano evangelico prendendo in considerazione le dinamiche umane vissute da Gesù, il cui modo di fare è rivelativo del modo di agire di Dio e del modello che dobbiamo imitare. Nello specifico, Giovanni e Gesù hanno entrambi intenzionalità proprie e in contrasto: Giovanni desidera essere battezzato da Gesù e Gesù da Giovanni. Essi hanno bisogni ben definiti e non coincidenti. Sono due adulti e due co-protagonisti che stanno davanti l’uno all’altro con la propria diversità e alterità e ciascuno agisce in base alla propria esperienza spirituale.

In questo episodio evangelico assistiamo al miracolo di una reciproca accoglienza del bisogno dell’altro. Questa è la castità, il miracolo di un’obbedienza reciproca, la capacità di stare uno di fronte all’altro, con i propri bisogni, riconoscendo i bisogni dell’altro e facendo un passo indietro per il bene di quest’ultimo. Quando ciò avviene, nella vita comunitaria e in ogni dimensione della vita, è una dinamica virtuosa e si stabiliscono relazioni caste, mature e generative.

Castità è quindi stare di fronte all’altro non in una fusione e confusione dei bisogni: è riconoscere il bisogno dell’altro e non adottare nelle relazioni modalità possessive, manipolative e capaci di strumentalizzare l’altro. È l’arte di amare in modo maturo e gratuito, rimanendo se stessi e offrendo agli altri trasparenza e calore.

La castità richiede grande libertà interiore e maturità, per fermarsi, dare spazio, lasciare fare, permettere all’altro di esprimersi e di crescere. Non possiamo soffocare gli altri con la nostra presenza, non possiamo pretendere di determinare la vita degli altri, anche con legami possessivi. Fare spazio e lasciare fare è proprio la capacità generativa di chi ha scelto la vita consacrata, è dare la vita, essere madri.

I giorni trascorsi a Bugiallo sono stati un’esperienza generativa, espressione di relazioni caste e mature, un’occasione per ascoltarci reciprocamente e confrontarci, condividendo cammini, esperienze e vissuti.

Cosa mi porto a casa dopo questa esperienza? Sicuramente il desiderio di fare la mia parte per costruire con semplicità rapporti genuini e autentici ovunque mi trovi e senza scoraggiarmi.

Posso iniziare dal donare agli altri un ascolto rispettoso dei propri vissuti, perché questo aiuta a chiarire reciprocamente i bisogni. Posso impegnarmi nel non dare niente per scontato di ciò che vivono gli altri. Posso offrire una fraternità semplice, che stia attenta a non ferire, neanche involontariamente, che provi a sintonizzarsi in modo empatico sulla stessa frequenza del cuore. Posso provare a stare dentro ogni situazione con maturità, impegno, pazienza, speranza, attesa. Posso farmi compagna di viaggio pronta a tendere la mano per rialzare chi cade o per farmi rialzare quando cado. Posso provare a stare, a fermarmi, a fare spazio, in poche parole ad esserci e ad amare. Buon cammino a tutti!

Sr Daniela S.

Rispondi