Davanti al crocifisso (Un insolito evento in Paradiso – 8)

Da qualche giorno don Vincenzo è tornato a Casa Madre dopo le visite fatte alle realtà dell’Istituto, molto diverse tra di loro sia per il servizio apostolico che portano avanti che per la composizione delle comunità stesse. Si rendeva conto che aveva bisogno di fermarsi. Era forse necessario un po’ di riposo? Certamente gli anni si facevano sentire… ma aveva bisogno di una pausa, soprattutto per rivedere, quasi alla moviola, le comunità, le suore, le loro attività, ma specialmente i loro animi, le loro motivazioni e preoccupazioni, la loro forza interiore e comunitaria, le loro domande e i loro dubbi… tutto quello che a lui, e certamente anche a Dio, stava a cuore. Come un novello don Camillo, avvezzo al dialogo a tu per tu con Gesù crocifisso, anche Vincenzo inizia un confronto aperto e sincero con nostro Signore:

«Sono qui in chiesa, Gesù, per stare un po’ con te, davanti al bel crocifisso che domina la grande parete centrale di questa cappella. Quanto è cambiata! Le hanno rimesso il nome di “Cappella Santa Croce”, ma non è quella che io ho conosciuto, quella di una volta, per intenderci. Eh sì, i tempi cambiano e non solo per gli edifici o i luoghi di preghiera.

Ho trovato un mondo molto diverso rispetto a quello dei miei tempi. Mi pare di cogliere che questo del cambiamento sia il filo rosso che lega tutti i discorsi che io e te abbiamo già fatto, tutto quello che mi hanno raccontato le suore, il motivo che spiega il perché di questo mio peregrinare quaggiù. Se dovessi far sintesi di tutto e dire una parola a queste mie figlie, molto semplicemente direi di accogliere la sfida dell’inedito, senza timori e tentennamenti».

Consapevole dello stato d’animo del suo amato prete, il Signore non esita a dare un cenno della sua presenza, per sostenerlo e aiutarlo a rileggere le tante esperienze recentemente vissute:

«Sei davvero molto sintetico, Vincenzo, anche se capisco cosa intendi. Ma prova a spiegarmi meglio, se ti va».

«Signore caro, non so da dove cominciare! La società, la cultura, i giovani, l’incidenza della fede nella vita delle persone, la conoscenza di Te… in poco più di un secolo è tutto cambiato. Ed è necessario che la Chiesa, e in essa la vita religiosa e la teologia stessa, tengano conto di tutto questo. Ci sono segnali incoraggianti, ad esempio il Sinodo ora in corso, che testimoniano la presa di coscienza della necessità di non arroccarsi su posizioni che non rispondono più alle esigenze dell’umanità attuale. Ma ci sono anche tante resistenze, blocchi, timori.

Ti confesso una cosa, Signore: pur avendo chiaro che non si può vivere di conservazione e stasi, io non mi sento di giudicare chi vive questi stati d’animo che portano a reazioni di chiusura. Per certi versi sono comprensibili. È ovvio che chi ha vissuto in un certo modo per anni e anni – ed è anche stato educato e formato a vivere così – faccia fatica ad accogliere orizzonti diversi e incerti. Ma la sfida sta proprio qui! Ti ricordi quando tanti anni fa cominciava a prendere forma il sogno delle Figlie dell’Oratorio, quante resistenze ci sono state? Non ho fatto certo una rivoluzione copernicana nella chiesa, eppure sono bastati alcuni elementi di novità per suscitare qualche attrito. Ma proprio quegli ostacoli hanno dato spessore e autenticità a quello che stava nascendo, proprio quegli ostacoli sono stati l’opportunità per correggere il tiro, per lasciare che quel germe nascente rimanesse cosa tua e noi non ce ne appropriassimo indebitamente, facendolo diventare “cosa nostra”. Insomma, la ricerca dev’essere quella della tua volontà, Signore. Non della nostra, spacciandola per tua».

«È proprio così, Vincenzo. Quel che davvero importa non è seguire la novità fine a se stessa, che magari è solo espressione di qualcosa di passeggero e temporaneo. Ciò che importa è essere capaci di discernimento, essere dei setacci per trattenere – facendone tesoro – ciò che è fedele al Vangelo e lasciare andare il resto. Alcuni pensano che sia per forza il nuovo ad essere espressione del Vangelo, altri pensano esattamente il contrario. Ma la realtà è più complessa, non è mai binaria. Per questo il discernimento è tanto importante, sia quello personale che quello comunitario».

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