Domenica delle Palme: l’amore più forte della morte

«Esulta figlia di Sion, ecco viene a te il tuo re, cavalca un asino, un puledro d’asina…».

Gesù è cresciuto gradualmente nella consapevolezza di essere re e di esserlo in un modo tutto particolare, fuori da ogni parametro fino ad allora conosciuto. Già entrando a Gerusalemme cavalca un asino e non un cavallo, è un re attorniato dalla folla e non da un esercito. Non è un ingresso trionfale per le sue imprese gloriose, perché «la sua ora, quella della glorificazione» non è ancora venuta: nasconde nel profondo l’angoscia per una decisione che deve affrontare, che sta per prendere, cioè se andare fino in fondo o tornare indietro.

La solitudine, per Gesù prima di essere il frutto di un abbandono subito da parte dei suoi intimi, è il contesto privilegiato in cui cercare tra le radici profonde ciò che lo rende solido, per trovare il coraggio di fare il passo. Le radici di Gesù sono la sua relazione con il Padre: «Io non sono mai solo».

Nella decisione di Gesù che entra in Gerusalemme c’è la vita di un uomo che dice che potranno anche spegnerlo ma non potranno impedirgli di amare anche nella morte perché l’amore è più forte della morte. Nella sua morte c’è la vita, dalla sua morte la vita.

In Lui, la morte smette di essere irreversibile, perché l’amore non muore ma attraversa la soglia della morte indenne.

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