Il discernimento avvia «processi»

Facciamo seguito al post «sinodalità, fraternità e discernimento» riprendendo il tema del discernimento e condividendo in modo abbastanza semplice e schematico una metodologia da poter prendere in considerazione perché, dopo tutto, il discernimento al di là della sua prima finalità è una modalità concreta per avviare processi. Normalmente, infatti, è considerato utile per prendere decisioni importanti. In realtà si rivela di grande aiuto per ritrovare modi diversi di stare insieme, per rinnovare i legami in comunità, aumentare e migliorare la capacità di ascoltarsi. Il metodo quindi è ritenuto uno strumento di aiuto a consolidare le relazioni, ad acquisire uno stile sinodale.

Una relazione del prof Giovanni Grandi, tenuta al Convegno nazionale per le vocazioni 2022, il cui video ed audio sono stati diffusi nelle nostre comunità, è una occasione qualificata e propizia per potervi attingere suggerimenti. È una delle tante voci autorevoli che ritengono che nella qualità delle relazioni in comunità si scorgono le luci di un nuovo giorno.

Il discernimento comunitario, dice il prof. Grandi, nella tradizione cristiana è un processo spirituale, perché parte da ciò che lo spirito suggerisce a ciascuno, per poi provare a mettere insieme tutte le intuizioni personali e capire, attraverso di esse, che cosa lo Spirito suggerisce, a sua volta, alla comunità. L‘ascolto dello spirito interiore, a livello personale, è fondamentale.  

Il discernimento è ben lungi, pertanto, dall’essere una opportunità per allargare la consultazione tra i membri della comunità, per poter trovare la soluzione che una persona da sola non riesce a individuare o per avere tutti d’accordo su cose che possono sembrare difficili o addirittura divisive.

Nel discernimento non è centrale la soluzione al problema, ma mettersi in ascolto dello Spirito e di ciascuno: in questo modo si vive un processo che costruisce la comunità.

 Spesso per timore di conflitti, la comunità evita di confrontarsi, di dialogare. Il discernimento, essendo un metodo spirituale, aiuta a sintonizzarsi più in profondità, a mettersi maggiormente a disposizione degli altri con il proprio ascolto interiore, per conoscersi meglio, per condividere più cose.

Poiché, però, non presuppone comunità perfette, vengono in evidenza alcune difficoltà.

Una prima difficoltà è arrivare ad ascoltare le persone nei loro interventi come se fosse la prima volta. È la più comune delle fatiche, perché, conoscendoci, sappiamo già il pensiero dell’altro e diventiamo filtranti. È chiesto quindi un ascolto pulito, un orecchio attento.

La seconda difficoltà è poter ascoltare tutti. Normalmente nelle discussioni libere, alcuni parlano molto, altri poco, altri mai o solo dopo la riunione. La metodologia del discernimento, aiuta chi non parlerebbe mai, a parlare e chi parlerebbe sempre, a moderare i propri interventi favorendo la partecipazione di tutti.

C’è una terza difficoltà ed è quella di arrivare alla concretezza della decisione. Nel momento della condivisione delle intuizioni personali, non si tratta di dire le cose più intelligenti, ma di focalizzare ciò che lo Spirito suggerisce a me in quel momento come la cosa più importante o rilevante… Questo poi va ad unirsi ai contributi che ognuno, a sua volta, è chiamato a dare. Nell’ascolto di tutti, nella condivisione di ciò che lo Spirito ha suggerito a ciascuno, emergerà gradualmente la risposta al problema iniziale.

È fondamentale, pertanto, la fiducia nello Spirito che illumina ciascun membro, perché il Signore accompagna la storia delle comunità.

In sostanza, questa esperienza ci riporta alla radice del perché stiamo insieme e di che cosa ci unisce, può diventare uno stile di vita comunitario… Grazie ad esso il nostro legame si rinforza davanti ai problemi e scopriamo che affrontarli non è divisivo, ma rinsalda le relazioni perché parte dall’ascolto dello Spirito.

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