Don Vincenzo e il filo che… lo tratteneva

«Don Vincenzo, avete una presa di tabacco da darmi?» gli chiese il parroco di Gussola prima di iniziare la consueta riunione mensile.

Don Vincenzo, istintivamente, cercò sotto il tabarro la scatoletta del tabacco, senza trovarla, e subito un altro confratello gli domandò: «Continuate ad avere i soliti mal di testa e il tabacco vi porta qualche sollievo?»

«Ma non ve l’hanno ancora detto i parrocchiani che sentono l’odore di tabacco nelle vostre mani quando gli fate la comunione?», aggiunse un terzo convenuto. Insomma sembrava che si fossero messi d’accordo per provocarlo su un punto che gli doleva.

«Al mal di testa si erano aggiunte frequenti congestioni al naso e il medico mi aveva suggerito di fiutare il tabacco per ridurre questi sintomi fastidiosi» tentò di rispondere don Vincenzo a tutti i suoi interlocutori.

E cercò di portare la conversazione su un altro argomento.

Aveva iniziato da tempo a fiutare tabacco per motivi di salute, poi l’uso e l’abitudine lo avevano portato a fiutarlo per tenersi sveglio nelle lunghe ore di confessionale. Se gli succedeva di dimenticare la scatola del tabacco in casa, lasciava i penitenti in fila e andava a recuperarla.

Fu proprio mentre un giorno ritornava in confessionale con la scorta di tabacco in tasca che ebbe la consapevolezza che la necessità di fiutare stava diventando vizio, un piccolo vizio, ma comunque sempre una debolezza.  È per questo che le argomentazioni dei suoi confratelli, anche se avevano il sapore di un bonario interessamento, mettevano il dito su un nervo scoperto.

Il tabacco non era più solo un rimedio al suo mal di testa! E venne nella decisione di interromperne l’uso.

Al parroco di Gussola che era tornato alla carica con don Vincenzo per avere un po’ di tabacco, don Vincenzo rispose che non ne aveva né quel giorno né mai più, e che anzi aveva fatto murare la tabacchiera.

«E il mal di testa?» gli chiese il confratello.

«Quello quando mi viene lo sopporto, ma sapere che il tabacco era diventato più forte di me, non riuscivo ad accettarlo!»

Il confratello lo guardò con ammirazione e sorpresa, perché in fondo fiutare non era peccato. Don Vincenzo gli spiegò: «La mortificazione prima deve essere esercitata dalla volontà e poi dal corpo. Mi sentivo come trattenuto da un filo sottile. Per essere totalmente libero e leggero, ho tagliato quel filo».

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