Tra la gente per la gente

La parabola della vita religiosa è iniziata con la fuga mundi verso il deserto e i cenobi. Ma  la successiva mondanizzazione ha portato i religiosi prima in fuga dalla comunità verso la propria stanza, poi in fuga dalle attività apostoliche comunitarie verso un servizio professionale personale; ai nostri giorni assistiamo alla fuga dalle relazioni concrete verso una rete di relazioni virtuali.  

È la fase discendente della parabola per molte congregazioni che, nella fase ascendente avevano esordito con l’inserimento sul territorio e nella chiesa locale, provocati dalle povertà pressanti.

Secondo questa osservazione, da comunità calate dentro la vita della gente si è passati a comunità isole felici per pochi privilegiati.

«Che ne è della vostra presenza nella vita della chiesa locale, nella vita concreta della gente?» chiedevano i vescovi ai responsabili della vita consacrata in una assemblea annuale del 2010.  Constatavano infatti che negli anni erano intervenuti molti mutamenti e sottolineavano che «la mutazione più grave è l’uscita della vita consacrata dal suo radicamento popolare, sia evangelizzante sia di servizi». La specializzazione, come la qualificazione e le competenze perfezionate avevano allontanato piano piano la vita religiosa dal tessuto popolare.

Don Vincenzo, da parte sua, aveva  pensato e voluto l’Istituto come una associazione di donne, consacrate in privato, che affiancavano il parroco nel suo ministero. Per cui voleva per esse case e non conventi, chiesa parrocchiale e non cappella privata, abito semplice e non monacale, mantenimento con il proprio lavoro, presenti e attive nell’area dell’impegno sociale della parrocchia e della formazione cristiana, e non in servizi istituzionali particolari. E nel suo nucleo l’Istituto continua ad avere queste caratteristiche.

Il popolo conosceva le religiose, le sentiva dalla sua parte, le accoglieva volentieri, ne apprezzava la parola e il consiglio. È quello che viene detto di Maria Caccialanza ed è verosimile che possa esser riferito a tante altre suore degli inizi e più vicine a noi.

Oggi la vita consacrata è diventata invisibile perché «È in crisi il modello popolare della vita religiosa», sottolineavano i vescovi.

Allora, quando papa Francesco parla di «uscire», evidentemente non lo dice solo alla Chiesa, ma anche alla vita religiosa.

Forse la nostra visibilità e il nostro futuro dipendono in gran parte da qui: dal confermarci nel «modello popolare» o dal recuperarlo qualora si fosse indebolito.

Rispondi

  1. Buon giorno
    Osservazione più che corretta ed attuale. Il vistro Istituto si caratterizza oggi cone ai suoi inizi per le specificità descritte.
    Grazie

  2. Grazie. Le tue parole sono un incoraggiamento per tutte noi. Ma grazie soprattutto perché voi collaboratori, amici, simpatizzanti, con la vostra vicinanza e il vostro sostegno continuate ancora a ricordarci che oltre ad una gloriosa storia da raccontare, abbiamo pagine di futuro da scrivere.

  3. Naturalmente la chiesa è tutta, consacrata e secolare. E quindi dobbiamo continuare ad avanzare, questa volta propone sfide, le nuove generazioni avanzano su larga scala … e la vocazione non è qualcosa che dovrebbe essere vista come fuori dall’ordinario, la vita religiosa è anche una famiglia, vicinanza … .convivere, con difetti e virtù dell’essere umano. Penso che attiri molta attenzione quando i giovani scoprono che per essere chiamati non c’e essere perfetti, che nessuno di quelli che sono consacrati sono perfetti. Dobbiamo semplicemente affinare i sensi per sentire qual è la chiamata e discerneremo quanto vediamo come Dio ci modella. ¡dobbiamo uscire, uscire, uscire!…. il resto verrà in aggiunta.
    Li amo in Cristo Gesù.