Che «aria» tira?

Quando Pietro e gli altri discepoli furono spinti dal Vento della Pentecoste sulle strade  e nelle piazze di Gerusalemme, in mezzo alle «genti», «ciascuno li sentiva parlare delle grandi opere di Dio nella propria lingua».

Il dono dello Spirito continua, ancora oggi, a radunare tutti i popoli, anche di lingue diverse, e fa sì che riescano a comprendersi in un linguaggio superiore, il linguaggio della carità.

È in questo clima liturgico-pastorale che  i Vescovi del Lazio in occasione della Pentecoste, rivolgono un messaggio alle loro chiese (qui il testo integrale) sia per la preoccupante crescita delle disuguaglianze economiche nel paese sia per respingere accenti e toni che negano i diritti fondamentali dell’uomo, originati dalla Parola evangelica e riconosciuti dagli accordi internazionali.

«I bambini, i giovani, le famiglie, gli anziani da soccorrere non possono essere distinti in virtù di un “prima” o di un “dopo”… Sappiamo bene che in tutte le dimensioni di sofferenza – scrivono i vescovi – non c’è alcuna differenza: italiani o stranieri, tutti soffrono allo stesso modo… Vorremmo invitare a una rinnovata presa di coscienza: ogni povero (da qualunque paese, cultura, etnia provenga) è un figlio di Dio. L’accoglienza verso l’altro, soprattutto quando si trovi nel bisogno, si fonda su questa verità. Chi è straniero – sottolineano – è come noi, è un altro “noi”».

I vescovi del Lazio con il loro messaggio non intendono nascondere le diverse problematiche legate al tema dell’accoglienza dei migranti, ma ricordare «che quando le norme diventano più rigide e restrittive aumentano esponenzialmente le situazioni difficili». Il loro invito è, pertanto, a non assecondare «la cultura dello scarto e del rifiuto», ma ad affermare «una cultura nuova, fatta di incontro, di ricerca solidale del bene comune».

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