Cuore aperto sul Sinodo (17)

Ed eccoci arrivati al terzo e ultimo passo dell’accompagnamento nella fede: TESTIMONIARE.

Coraggio! Alzati! Ti chiama! Queste sono le tre parole vitali rivolte a Bartimeo il cieco. Tre imperativi detti dai discepoli, che gli indicano ciò che deve fare senza indugio, ma che non sono frutto della loro intraprendenza. Sono tre verbi detti e «agiti» da Gesù: testimoniare è rimandare a Lui, a quello che Lui ha detto e fatto.

«Solo Gesù nel resto del Vangelo dice: ‘coraggio!‘». Caro giovane, abbi coraggio, perché Dio conosce ciò che hai nel cuore, patisce il tuo dolore, ascolta le tue incertezze, si accorge della tua fatica, vede le tue paure. E non passa oltre.

«Solo Gesù nel Vangelo dice: ‘alzati‘, per risanare lo spirito e il corpo». Alzati, ragazzo! Non rimanere seduto a guardare la vita che ti passa davanti, non adagiarti sulle recriminazioni nei confronti di una società che pare non avere nulla di sostanzioso da offrirti. Hai ragione a lamentarti. Ti stiamo favorendo più a stare seduto che a metterti in cammino, ma tu alzati, prendi in mano la tua vita, osa, mettiti in gioco, perché se non lo fai tu, nessuno può farlo per te, anche se ti lamenti!

«Solo Gesù ‘chiama‘, cambiando la vita di chi lo segue, rimettendo in piedi chi è a terra, portando la luce di Dio nelle tenebre della vita. Tanti giovani, come Bartimeo cercano una luce. Cercano amore vero. Invocano vita, ma spesso trovano solo promesse fasulle e pochi che si interessano davvero a loro». Ascolta, caro giovane, la voce che ti chiama a sbocciare e fiorire; che tu possa crescere nella capacità di discernere quali sono le cose che riempiono davvero il cuore e quali sono come la schiuma della Coca Cola, effervescenti e allettanti all’istante ma poco durature e incapaci di saziare sul serio la sete che porti dentro.

Che tu possa trovare, caro giovane, testimoni veraci del Maestro Gesù: persone che non fanno del loro operato e del loro parlare il centro di tutto, ma che con il loro operato e il loro parlare rimandano a Lui, all’incontro con la sua gratuità e libertà.

Testimoniare non è un proposito, non è una decisione che si prende a tavolino: «Da oggi decido di essere testimone». No, non funziona così. Testimoniare è la naturale conseguenza di un incontro che segna un prima e un dopo nella vita.  Un testimone non è uno che elabora un progetto per fare del bene, è uno che ha il fuoco dentro, acceso dall’incontro con il folle amore di Gesù che non può più tenere per sé e va “a dire ad ognuno: «Dio ti chiede di lasciarti amare da Lui».

«Quante volte, invece di questo liberante messaggio di salvezza, abbiamo portato noi stessi, le nostre «ricette», le nostre «etichette» nella Chiesa! Quante volte, anziché fare nostre le parole del Signore, abbiamo spacciato per parola sua le nostre idee! Quante volte la gente sente più il peso delle nostre istituzioni che la presenza amica di Gesù! Allora passiamo per una ONG, non per la comunità dei salvati che vivono la gioia del Signore».

Testimoniare, ovvero, vivere da risorti e salvati, come Bartimeo, che «non ha fatto professioni di fede, non ha compiuto alcuna opera; la fede che lo ha salvato non stava nelle sue idee chiare su Dio, ma nel cercarlo, nel volerlo incontrare. La fede è questione di incontro, non di teoria. Nell’incontro Gesù passa, nell’incontro palpita il cuore della Chiesa. Allora non le nostre prediche, ma la testimonianza della nostra vita sarà efficace».

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