Se un membro soffre…

In questo scorcio di estate distratta per gli ultimi giorni di vacanze da godere e frastornata per i disastri nazionali, il Santo Padre ha dedicato una  lettera sul tema degli abusi sessuali sui minori, perpetrati   nell’ambito ecclesiale da parte di chi doveva prendersi cura di loro. Tale questione non cessa di essere uno dei nodi più difficili da sciogliere nella Chiesa di oggi, sia per il male in sé che per le conseguenze sulle vittime.

Con questa lettera il Papa allarga lo sguardo e, dai responsabili  come dai colpevoli, arriva a tutto il Popolo di Dio. Non lo fa per ripartire le responsabilità morali al fine di avvertirne meno il peso e l’aggravio, ma perché, scrive, l’entità degli avvenimenti è tale che occorre farsene carico in modo globale e comunitario.

Siamo parte di un popolo e di una storia comune dei cui errori propri ed altrui non è sufficiente chiedere perdono e la grazia della conversione personale, continua papa Francesco, occorre generare dinamiche necessarie per una effettiva e sana trasformazione ecclesiale e sociale come entroterra indispensabile per una cultura della «protezione» e del «mai più». Papa Francesco invita alla conversione dell’agire ecclesiale e spiega che è un compito che ci coinvolge e ci riguarda tutti.

Il Papa, che già  in diverse occasioni, ha ribadito l’urgenza e l’imprescindibilità di perseguire i colpevoli e di sostenere le vittime, ora sollecita tutti alla dimensione penitenziale del digiuno e della preghiera, non solo per riparare il male, ma come  terapia necessaria per sensibilizzare i nostri occhi e il nostro cuore davanti alla sofferenza degli altri e per sanare la mentalità di potere e di possesso che sta alla base di tali mali.

Le parole del santo Padre, rivolte a tutti, hanno per noi Figlie dell’Oratorio un significato speciale: confermano la nostra vocazione ecclesiale e ci mostrano una nuova  sfaccettatura della nostra missione:  un coinvolgimento avvincente di fronte ai mali che opprimono la Chiesa. Il «sentire cum ecclesia» che san Vincenzo Grossi chiedeva alle sue suore non può rimanere a livello emotivo anche fosse di rincrescimento e di dispiacere. Oggi il Santo Padre lo concretizza nell’invito alla forma penitenziale del digiuno e della preghiera comunitari affinché il clericalismo, modo anomalo di intendere l’autorità nella Chiesa, capace di  fomentare  molti dei mali, scompaia e lasci il posto nella coscienza di appartenere al Popolo di Dio.

Sottrarsi a questo appello è come diventare in un certo senso complici, perché «se un membro soffre, tutte  le membra soffrono insieme».

 

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  1. Il digiuno e la preghiera sono necessari, ma come il Signore, dobbiamo proteggere la dignità degli altri, perché egli dimora nell’altro. Benedizioni …

  2. L’invito del Papa alla preghiera e al digiuno non è disgiunto dal rispetto della dignità di ogni persona, anzi mi sembra che la sua intenzione sia di creare in ognuno le condizioni alla conversione, cioè alla consapevolezza che nell’altro, chiunque altro, è presente Dio perché è suo figlio. Gesù stesso, di fronte alla “resistenza” di alcune situazioni di male, ha detto che sono efficaci solo “la preghiera e il digiuno”.

  3. Proprio quello che voglio dire è che una cosa non è separata dall’altra … La preghiera e il digiuno non ci impediscono di essere i “profeti” del XXI secolo.