Vita consacrata: tempo di sinodalità e processi

È  già successo, un paio di millenni fa, che la diversità non abbia creato differenze! Quando lo Spirito riempì il Cenacolo con il suo soffio e gli abitanti scesero per le strade a parlare ad una città pullulante di persone  provenienti dai quattro punti cardinali,  tutti capivano secondo la propria lingua materna. Da quel giorno ogni volta che uomini e donne si riuniscono nel nome di Gesù succede un po’ lo stesso miracolo, una sorta di «disgregaciòn integrada» come curiosamente disse in occasione del Sinodo sulla Vita Consacrata l’allora Cardinale Bergoglio.

A Roma dal 3 al 6 maggio u.s. più di 750 consacrati, per lo più superiori maggiori e responsabili negli ambiti delle diverse forme di vita consacrata,o rappresentanti delle Conferenze nazionali della Vita Consacrata di diversi paesi del mondo, hanno partecipato al Convegno internazionale organizzato dal DICASTERO PER LA VITA CONSACRATA: una vera galleria di fogge e di abiti, ma soprattutto una molteplicità di esperienze di vita consacrata, l’universalità delle provenienze e la varietà delle lingue. Tutti ingredienti che, nel salutare i convenuti, il Card. João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione, ha detto che confermano, insieme ad altri elementi specifici, la diversità  delle  forme di vita consacrata antiche, moderne e nuove, unite però dalla consacrazione a Dio, che non è mai un fatto escludente, ma un processo integratore.

Sul Convegno aleggiava una questione di sostanza, e su di essa, il segretario Mons. Carballo, introducendo i lavori, ha portato l’attenzione dei presenti. Questa grande «biodiversità carismatica», ha esordito il segretario, che ha un elemento unificatore nella consacrazione attraverso la professione dei consigli evangelici, corre oggi un rischio, quello di aprire uno spazio di ambiguità, e lo esplicitava attraverso alcuni interrogativi che riflettono questioni nuove e delicate. In che modo è da intendere «la nuova e speciale consacrazione» se già col Battesimo siamo stati consacrati? Come considerare  le persone sposate che oggi, nelle Famiglie ecclesiali,  diventano membri della vita consacrata? Accanto all’Ordo Virginum perché non può esistere anche l’Ordo Viduarum? In che modo guidare e discernere la diffusione e il moltiplicarsi di stili di vita che si avvicinano alle forme di vita consacrata senza possederne gli elementi costitutivi?

Temi che, secondo il moderatore, padre Sebastiano Paciolla, sottosegretario della Congregazione, hanno bisogno di una riflessione teologica, di una analisi storica ed ecclesiologica, ma anche di una ricerca canonica.

Il Dicastero, che nella varietà vede prima di tutto l’opera dello Spirito, volendo comunque cercare i criteri per poter fare un discernimento su quello che sta succedendo in riferimento a queste questioni, ha avviato tale processo lo scorso mese di marzo in un Seminario di studio. Sicuramente l’apporto esperienziale  di superiori maggiori, la ricerca di professori delle Università Pontificie e la riflessione di esperti della vita consacrata potevano già offrire  risposte significative anche se non esaurienti agli interrogativi. La Congregazione però ha voluto convocare un Convegno internazionale perché i nuovi cammini aperti verso la ricerca delle luci che lo Spirito vorrà donare riguardo la comprensione della vita consacrata nel momento attuale, siano percorsi insieme, a partire dal fatto che, come più volte è stato dichiarato, la vita consacrata non è una istituzione della Chiesa ma è costitutiva della Chiesa.

I partecipanti al Convegno hanno preso sul serio l’invito e  si sono lasciati coinvolgere nella riflessione sulle questioni aperte e sui cammini possibili. Le tre relazioni magistrali sulla dimensione biblica, teologica e canonica della consacrazione, hanno offerto gli strumenti per un dialogo aperto e variegato, dal quale è emerso che, se tutti siamo consacrati per il battesimo, la consacrazione «a nuovo e speciale titolo» non è per raggiungere una pienezza che in realtà già si possiede, ma esprime l’indole carismatica di ciascuna forma di vita e indica il nuovo e lo specifico nella Chiesa e al servizio della sua missione. È stata riconfermata la diversità rispetto alla differenza, perché, come ha detto papa Francesco nell’udienza concessa ai partecipanti, la vita consacrata è frutto dello Spirito che spesso si rivela una «calamità”, nel senso che sempre irrompe con delle novità e non lascia niente e nessuno tranquilli. La consacrazione, infatti, è stato ribadito, non è escludente anche se comporta una separazione, è dinamica, è  in itinere.

Nello svolgimento del Convegno i protagonisti principali non sono stati tanto i partecipanti ma lo Spirito Santo e la SINODALITÀ sia per il coinvolgimento di rappresentanti da tutto il mondo, sia come impostazione delle giornate e delle relazioni interpersonali. Lo stesso Cardinal Prefetto João Braz de Aviz, come l’Arcivescovo segretario, Mons. Carballo, pur dimostrando di conoscere la realtà della vita consacrata anche nei dettagli feriali, non hanno rinunciato a intrattenersi familiarmente con i partecipanti sia negli atri che passando  tra le file delle poltroncine dell’aula magna nell’Antonianum dove appunto si è svolto il convegno.

Il messaggio è inequivocabile. Pietro, il giorno di Pentecoste, prese per primo la parola a Gerusalemme, ma dopo aver trascorso insieme agli undici cinquanta giorni nel Cenacolo. Un tempo per la preghiera, la riflessione, lo scambio, la ricerca, il confronto: il tempo dello Spirito.

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  1. Il post pubblicato il 12 maggio u.s. mi ha suscitato, simultaneamente, due reazioni contrastanti: inspirare profondamente per incamerare il più possibile aria fresca, pura, frizzante come solo l’apertura allo Spirito può permettere, e un senso di soffocamento, di schiacciamento a causa della situazione di stallo in cui ci troviamo come Istituto. Meno male che, nel grande universo della Vita Religiosa, ci sono teste pensanti che si sanno interrogare, che mettono il dito nella piaga, che non offrono soluzioni già preconfezionate ma, saggiamente rimandano al lavoro di ricerca sapiente che ogni Istituto deve intraprendere. Mi faccio aiutare da un contributo di P. B. Secondin apparso sul numero di aprile 2018 della rivista TESTIMONI: -“Ci vuole una nuova sapienza carismatica per superare il ritardo di discernimento e di intraprendenza, per recuperare dal carisma i semi di futuro non ancora sviluppati e originali, per discernere, con fedeltà creativa, le opzioni da fare e i distacchi da accettare oggi in queste situazioni. Non basta la generosità, la voglia di darsi da fare…: ci vuole lucidità e libertà, pazienza e audacia, comunione e professionalità anche culturale. Tutte cose che non si improvvisano…”. – “…Non opere murarie soltanto,… ma anche la mobilitazione dell’opinione pubblica, la sfida contro le lobbies assassine che sfruttano tutti,… Se i religiosi non si affacciano -almeno qualche volta- su questo nuovo orizzonte,… se non si prendono a cuore anche queste forme di servizio e di solidarietà, finiranno per illanguidire nelle loro mura sempre più fredde, vuote e pesanti… costretti a mille sotterfugi per tirare avanti, ma senza dignità”. Dice Papa Francesco: “Avviare processi più che occupare spazi”. E’ già stato auspicato in riferimento ad un altro post, ma lo ripeto: non sarà che dobbiamo iniziare, ad avviare almeno, un processo serio di riflessione sul senso del nostro essere Figlie dell’Oratorio oggi?

  2. Suor Giuseppina, ovviamente mi trovi d’accordo su quanto scrivi. Abbiamo bisogno di un processo serio di riflessione sul senso del nostro essere FdO oggi. Forse siamo poche a sentire questa esigenza, ma essere poche o tante non significa nulla. Quelle che siamo, facciamolo! Mi chiedo però come possiamo concretamente avviare questo processo… Il tuo commento giustamente dice che non bastano la generosità e la voglia di darsi da fare, che grazie a Dio sono ancora tanto presenti nel nostro istituto e si vedono nella testimonianza di tante sorelle, che in quel che fanno si santificano e vivono sul serio la loro consacrazione a Dio e la loro donazione ai fratelli. Ma abbiamo bisogno di andare oltre, di allargare il nostro sguardo, di lasciarci provocare con libertà dalle difficoltà che stiamo attraversando e dai “suggerimenti” della chiesa, di cercare INSIEME nuove strade per raggiungere la stessa meta…

    Credo fermamente che l’importante non sia trovare risposte immediate o soluzioni tempestive. Forse nemmeno le troveremo, ma non è questo il punto. Il punto è avviare processi, iniziare il confronto, muovere piccoli passi… e poi, il cammino si farà camminando.