Don Vincenzo e le donne

Come furono le relazioni di Don Vincenzo Grossi con «l’altra metà del cielo»? Tenne a distanza le donne e le scansò come suggeriva la formazione dei presbiteri del suo tempo?

Con sorpresa, prendiamo atto che nella sua esistenza e nel suo ministero la presenza  del femminile fu privilegiata e permanente.  

Maddalena Cappellini, mamma di don Vincenzo

Pur essendo cresciuto in una famiglia a prevalenza maschile, la madre e la sorella Elisabetta, che ebbe, nei suoi confronti, un ruolo complementare a quello materno, lo introdussero nelle relazioni femminili con un approccio positivo e propositivo. Nei confronti della madre, se pure rare, ebbe parole di venerazione ed affetto, riconoscendola una vera maestra di vita cristiana e preziosa sostenitrice nelle difficoltà economiche incontrate nella prima parrocchia. Della sorella Elisabetta non si trovano riferimenti  personali, ma don Vincenzo volle che fosse sepolta a Vicobellignano quando lui vi era parroco: un gesto di attenzione che si presta ad essere interpretato come un voler ricambiare con la preghiera e il culto ai defunti, le cure che aveva ricevuto da lei, quando era fanciullo e ragazzo.

Fondò una congregazione religiosa femminile, iniziativa che, almeno agli inizi, non fu appoggiata dal contesto ecclesiale della sua diocesi; era nata dalla sua preoccupazione per la «gioventù femminile», per difenderla dai «grandi pericoli» in cui poteva venire a trovarsi. Per le giovani ragazze che si avvicinavano a lui, fu disposto a sostenere un contrasto aperto con un settore della parrocchia, ne corse tutti i rischi e ne valse la pena. Pensò ed organizzò le comunità delle suore a fianco dei sacerdoti e dei parroci, come madri e sorelle nello spirito, cooperatrici nel munus sacrificandi e nel munus regendi.

Con le prime suore stabilì rapporti confidenziali, come padre spirituale e come guida; non si negò alle loro attenzioni né ai loro gesti delicati; le considerò, anche riguardo la fondazione, nella fase dello sviluppo e della istituzionalizzazione, non come subalterne, ma come collaboratrici alla pari, meglio: le vere protagoniste.

Contraddisse con le scelte  pastorali e con lo stile di vita personale la tendenza diffusa che voleva la donna emarginata, anche nella Chiesa. Sosteneva, infatti, che anche le donne, le giovani possono e debbono essere interessate dell’anima dei propri fratelli… perchè la donna fu dotata da Dio di tanta forza morale, di tanta efficacia di persuasione, che può far del bene al pari dell’uomo e talora con maggior frutto.

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