«Avviare processi più che occupare spazi»

Ascoltando le parole del papa nel Duomo di Milano, sabato 25 marzo, mi sono venuti in mente gli interrogativi  della conclusione del  post «Il vino nuovo cerca otri nuovi».  Là si parlava di impedimenti da rimuovere o raggirare, di innovazioni da mettere in campo. E il papa nel corso del suo discorso ha invitato ripetutamente ad «avviare processi più che occupare spazi». «Avviare processi». Un linguaggio essenziale ma efficace. Una espressione  che ha ripetuto ben otto volte! (Cf qui) Voleva che fosse ricordata a memoria, da subito. Avviare processi… di trasformazione.

Papa Francesco non è frenato dalle problematiche della vita religiosa, che riconosce e che non nega, ma riporta l’attenzione dei suoi interlocutori al cuore della vita consacrata: «Chi sei, vita consacrata?» E non: «Cosa fai?». Fa capire che prenderle troppo in considerazione blocca i processi di trasformazione e di crescita. Per questo le sue parole non sono mai consolatorie, ma provocatorie, nel senso che spingono a guardare in avanti.

Rispondendo alla suora che con tono rassegnato aveva attribuito ai numeri in calo e all’età in crescita, una spiegazione dell’inefficacia della vita religiosa, ha detto: «I nostri padri e madri fondatori non pensarono mai ad essere una moltitudine, o una gran maggioranza. I nostri fondatori si sentirono mossi dallo Spirito Santo in un momento concreto della storia ad essere presenza gioiosa del Vangelo per i fratelli; a rinnovare ed edificare la Chiesa come lievito nella massa, come sale e luce del mondo!… Oggi, la realtà  ci chiama ad avviare processi più che occupare spazi».

Cercare otri nuovi per il vino nuovo è un processo! Non è semplice né a breve termine, si può pensare a tavolino, ma non basta, perché questo processo che il Papa vede necessario e che il vino nuovo urge, chiede l’attenzione a fatti e fenomeni in connessione con il Carisma nello stile del discernimento, e pertanto coinvolge ognuna di noi perché «si tratta di cose nostre»; ha bisogno di tempo perché non è un fungo ma un albero. Sicuramente e inconsapevolmente, però trasforma la persona, il contesto, la comunità, non più imprigionate nella rassegnazione ma protese in avanti.

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  1. Impossibile non ringraziare il papa per queste sue parole e provocazioni!
    Quanto è importante prenderle seriamente in considerazione e non lasciarle cadere!
    Come stiamo rispondendo a questi appelli noi FdO? E non solo come singole suore, ma come famiglia religiosa, chiamata a essere segno della spiritualità di comunione e non di cammini solitari e individuali.
    Mi convinco sempre di più che abbiamo bisogno di fermarci e guardarci in faccia, tutte quante, dalla più giovane alla più anziana, per avviare quei processi di cui parla Francesco, e farlo INSIEME!!!
    Le difficoltà che viviamo sono reali e stringenti:
    tante tra noi non sono più nel pieno delle forze, siamo numericamente diminuite e diminuiremo ancora, le energie fisiche si affievoliscono.
    E quindi? Vogliamo rassegnarci e metterci in parcheggio in attesa di tempi migliori? Vogliamo piangerci addosso per il resto dei nostri giorni, lamentarci e trovare colpe e responsabilità da attribuire a chissà chi?
    O vogliamo finalmente interrogarci su cosa ci sta chiedendo il Signore attraverso queste cose che non dovrebbero esserci ma ci sono?
    Nessuna di noi ha le risposte e le soluzioni in tasca, ma la chiesa ci sta indicando con chiarezza alcune vie da percorrere, su cui sarebbe importante riflettere, confrontarci, discutere, per trovare le modalità con cui dar carne a queste sollecitazioni.
    Il papa ci provoca dicendo che non è più nostro compito “fare” alcune cose ma “essere”.
    Il magistero ci indica la strada della formazione.
    La Chiesa è in una fase di riforma.
    L’ultimo documento della congregazione parla di vino nuovo e otri nuovi.
    Cosa significa tutto questo? Quali risposte dare? Mettiamoci intorno a un tavolo e parliamone, confrontiamoci, allarghiamo gli orizzonti, scambiamoci idee, pareri, sogni, desideri, paure, aneliti del cuore…magari lasciandoci aiutare da altre persone che hanno iniziato a interrogarsi prima di noi e qualche cosa possono dirci.
    Siamo nell’anno del centenario della morte di San Vincenzo. Cosa ha da dire il nostro carisma dopo un secolo? Come ha bisogno di essere incarnato in questa realtà, qui ed ora?
    Un modello di vita religiosa è giunto a compimento (e non lo dico io adesso, se ne parla già da qualche decennio), è necessario trovarne una nuova forma , nella consapevolezza che i tempi cambiano, le modalità di sequela pure, ma Gesù è lo stesso ieri, oggi e sempre, e sempre ci chiede di mettere vino nuovo in otri nuovi.
    Daaaai, forza!!!!!!