Parroco a Regona (1)

Sono andato a  Regona come parroco, non pitturato sui muri ma in carne ed ossa. Feci il mio ingresso in una fredda giornata di gennaio; la nebbia sembrava aver aumentato le distanze perché non consentiva di vedere  il campanile della chiesa che di solito annunciava la prossimità del paese. Chiesa di RegonaQuando finalmente la prima cascina sbucò dalla nebbia, il carrettiere mi incoraggiò a resistere al freddo pungente ancora per qualche minuto, perché di lì a poco saremmo stati davanti alla canonica. E infatti, giunti in piazza, all’indecifrabile ordine dato al cavallo di frenare,  il carro si fermò proprio davanti alla Chiesa. Non c’era nessuno ad aspettarmi, perché non si sapeva la data del mio arrivo.Regona-interno chiesa

La chiesa era aperta ed entrai a salutare Colui che io considero il «primo cittadino». Mi sentii il benvenuto in quella comunità parrocchiale e pregai: Actiones nostras, quaesumus Domine, aspirando praeveni et adiuvando prosequere: ut cuncta nostra oratio et operatio a te semper incipiat, et per te coepta finiatur, cioè «Ispira le nostre azioni, Signore, e accompagnale con il tuo aiuto, perché ogni nostro parlare ed agire abbia sempre da te il suo inizio e in te il suo compimento».

Accolsi la benedizione del Signore facendomi un largo segno di croce, e iniziai il mio ministero nella parrocchia di Regona.

osteriaMentre scaricavo dal carretto le mie poche cose, percepivo gli sguardi curiosi della gente che, da dietro i vetri delle finestre delle case che si affacciavano sulla piazzetta, osservavano i miei movimenti. I primi tempi furono i più difficili perché da una parte stavano a guardarmi a distanza, dall’altra mi venivano a raccontare quelle che consideravano le malefatte del mio predecessore.C’erano alcuni personaggi in vista, proprietari terrieri, che si sedevano ai tavolini dell’osteria di fronte alla canonica e controllavano l’andirivieni delle persone e i miei movimenti.

 

 

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