San Vincenzo Grossi e l’Immacolata
Quando nel 1854 fu proclamato il dogma dell’Immacolata Concezione, Vincenzo aveva nove anni. I mezzi di comunicazione del tempo non aiutarono l’immediata divulgazione, ma non appena le informazioni ufficiali giunsero alla parrocchia di Pizzighettone, tutti i fedeli, e con loro anche Vincenzo, furono introdotti alla conoscenza del dogma. Le prime iniziative non consistettero probabilmente in conferenze sul tema ma, secondo la prassi pastorale del tempo, in esercizi di devozione legati a questa nuova festa. Tali pratiche di pietà popolare avevano il pregio, infatti, di usare un linguaggio accessibile a tutti, quello dei segni, che, unito a semplici catechesi, facilitava nei fedeli la comprensione del senso che il Dogma dell’Immacolata aveva per la loro vita e per la vita della Chiesa.
Negli anni del seminario Vincenzo poté approfondire il tema. Si rese conto che ben «diciotto secoli di pietà e di devozione alla grande Madre di Dio avevano portato finalmente il loro frutto nella definizione del dogma della Immacolata Concezione». Considerava pertanto una vera fortuna, e un segno della bontà del Signore, poter vivere quel momento storico e commentava: «Quanti teologi e dottori della Chiesa non solo ne diffusero la credenza ma desiderarono vederne il riconoscimento e udire la proclamazione a dogma e non la udirono!»
Divenuto sacerdote e parroco, il movimento mariano che nacque intorno al dogma dell’Immacolata, trovò ampia accoglienza in lui, con esso alimentò la sua spiritualità sacerdotale nella quale Maria era interlocutrice: tutti i misteri, che contemplava in Lei, lo interpellavano sia in merito alla sua vita che al suo ministero.
Nel 1873, appena parroco a Regona, in occasione di questa Solennità scriveva:
«Maria, per il privilegio della sua concezione immacolata pienamente vittoriosa del peccato,
ci fa conoscere, per la ragione dei contrari,
lo stato infelice a cui il peccato originale ci ha ridotti.
Maria santificata dalla grazia della sua concezione,
ci fa conoscere, proporzionatamente,
lo stato felice cui siamo elevati dalla grazia della nostra adozione.
Maria fedele alla grazia della sua concezione,
ci fa conoscere col suo esempio
l’obbligo indispensabile di conservare ed onorare la grazia,
per la quale siamo davanti a Dio tutto ciò che siamo.
In tal modo noi conosciamo tutta la nostra miseria, il nostro bene, il nostro dovere:
la nostra miseria per gemerne,
il nostro bene per darne gloria a Dio,
il nostro dovere per adempierlo»