Il Giubileo e san Vincenzo Grossi
La storia dei Giubilei non è stata sempre lineare nelle scadenze non solo a motivo della indizione di giubilei straordinari, ma anche per le particolari congiunture ecclesiali o politiche che, allo scadere del 25°anno, potevano impedirne l’organizzazione.
Il Giubileo del 1875, il primo che visse san Vincenzo Grossi, si svolse, infatti, a 50 anni dal precedente. Nel 1850 a causa delle vicende della Repubblica Romana e del temporaneo esilio di Pio IX non fu possibile promulgare l’Anno Santo. Lo stesso pontefice, però, il 24 dicembre 1874 con la bolla Gravibus Ecclesiae et hujus saeculi calamitatibus, indisse il ventunesimo Giubileo. Inaugurandolo, l’11 aprile 1875, volle privarlo di tutte le cerimonie di apertura e di chiusura della Porta Santa per rimarcare fortemente le distanze tra la Santa Sede ed il nuovo Regno d’Italia a causa dell’occupazione di Roma da parte delle truppe di Vittorio Emanuele II. Prevedendo, inoltre, le difficoltà dei pellegrinaggi, il Papa concesse le indulgenze plenarie in tutto il mondo con visite a determinate chiese. Gli unici pellegrinaggi di una certa entità furono francesi.
Negli appunti per una Dottrina fatta a Regona il 24 ottobre del 1875 sul Giubileo, San Vincenzo Grossi dopo averne illustrato le origini storiche, le grazie del giubileo cristiano, indica i requisiti per ottenerle. Parla della Confessione, ma buona; della Comunione, ma in grazia di Dio, e di visite, ma fatte a dovere.
E spiega di che visite si tratta: «Sessanta visite alla chiesa da farsi in 15 giorni, 4 per ogni giorno, entro i due mesi restanti di novembre e dicembre…».
Il giubileo vissuto da don Vincenzo e quello che è appena stato aperto hanno in comune qualcosa: la situazione di allerta per eventuali pericoli a carico dei pellegrini, le difficoltà economiche da sostenere per il pellegrinaggio. Oggi come allora, perché questi fatti non costituiscano un impedimento ai fedeli a poter entrare nel fiume di grazia che porta con sé il giubileo, il Papa ha concesso che le cattedrali e altre chiese diocesane possano essere visitate per ottenere i benefici del giubileo.
Non saranno per noi i numeri e le sequenze suggeriti dalla Bolla del 1874, ma è ancora attuale per noi l’invito di don Vincenzo ad «essere zelanti nel cooperare alla grazia della conversione, moltiplicando preghiere e penitenze. Noi felici se approfitteremo della fortuna presente…».
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“Aprila, questa mia vita aprila, questa mia vita arida, fammi capire quanto c’è di più, aprila e fammi tornare a ridere, fammi sentire libero da me”
Stamattina in macchina ho risentito per caso questa canzone, ho trovato questo ritornello adattabile all’apertura della Porta Santa.
Credo che l’apertura della porta sia un’occasione per meditare sulla propria vita per cercare il modo migliore per aprire la porta del nostro cuore. Facendo parte di una società in continua corsa, fermarsi un attimo a meditare sul tema della misericordia credo possa servire ad accettare un po’ di più se stessi. Questo potrebbe portarci successivamente ad essere meno esigenti con gli altri, a saper rispettare i tempi di crescita di ciascuno continuando a star loro accanto.
Don Vincenzo ha sempre tenuto la porta del suo cuore aperta a Dio e agli altri. Per tale motivo è stato “via aperta” per incontrare e conoscere la passione che Dio prova per l’uomo.
Egli ci prenda ancora una volta per mano e ci aiuti a passare attraverso la porta della misericordia gioiosa che lui ha vissuto.