Come acqua di ruscello

«Proprio nell’insoddisfazione che vi tormenta c’è un elemento di luce», diceva Paolo VI ai giovani già nel 1970. Papa Francesco riprende questo assunto fin dall’inizio del suo pontificato, con l’invito ai ragazzi a fare «lìo» – chiasso –  e mettendolo nero su bianco anche nella Christus Vivit al n. 138:

«L’inquietudine insoddisfatta, insieme allo stupore per le novità che si presentano all’orizzonte, apre la strada all’audacia che spinge a prendere la propria vita tra le mani e a diventare responsabili di una missione».

Parole che, se prese seriamente, destabilizzano e… inquietano! Per natura infatti siamo portati ad accomodarci, a farci il nido, a cercare la tranquillità e l’ordine, perché questo ci da sicurezza e stabilità, ci fa stare tranquilli nelle nostre certezze, magari «conquistate» anche a caro prezzo. I giovani, al contrario, col loro semplice esserci, portano scompiglio, fermento e trambusto, scardinano l’ordine e fanno disordine. E guai se non fosse così! Ancora papa Francesco, nell’udienza del 13 giugno 2018 diceva:  «Se i giovani non saranno affamati di vita autentica, dove andrà l’umanità? Dove andrà l’umanità con giovani quieti, non inquieti?».

Ecco allora che il ruolo degli adulti, e anche di noi Figlie dell’Oratorio che sentiamo come aspetto importante della nostra missione educativa orientare i giovani a scoprire la loro vocazione nella chiesa e nel mondo (Cost.  60) non potrà essere quello di accomodare e smussare o, peggio ancora, di acquietare e zittire. La tentazione infatti può essere quella di far parlare a tutti la medesima lingua, omologando le diversità e appiattendo le differenze.  Diceva Ernesto Balducci: «Fare appello allo Spirito Santo vuol dire fare appello alla libertà della coscienza perché la punta alta della coscienza è la punta alta su cui batte il raggio dello Spirito. Per questo lo zelo delle istituzioni è nel coprire tutte le punte perché non appena la coscienza si illumina si scompagina un ordine esistente e il futuro irrompe».

Siamo chiamati a illuminare le coscienze, le nostre prima di tutto e poi quelle dei giovani, a lasciarci scompaginare, ad andare sempre un po’ più in là, cercando il «magis», il «di più», a lasciarci illuminare da chi parla una lingua differente, uscendo da quella opaca convinzione che più siamo allineati al dettame comune, più siamo nel giusto. Può darsi. Ma potrebbe anche darsi il contrario. Quella che offre il Vangelo non è mai la pace dello stagno, con acqua ferma e statica, tranquilla certo, ma odorante di marcio. È piuttosto la pace del ruscello, in cui l’acqua è fresca e mossa, sempre in movimento, mai quieta.

«Questa sana inquietudine, che si risveglia soprattutto nella giovinezza, rimane la caratteristica di ogni cuore che si mantiene giovane, disponibile, aperto. La vera pace interiore convive con questa insoddisfazione profonda» (CV 138).

Non mettiamola a tacere!

Rispondi