Direttore o fondatore

Come anticipato nel post precedente, riprendiamo «l’autobiografia», o, come è stata definita l’estate scorsa in un commento, il «selfie» panoramico di don Vincenzo.

Non ho mai avuto la vocazione ad essere leader – anche se qualcuno in questo blog ha riscontrato in me caratteristiche da leadership (qui!) – e pertanto, a dire il vero, non mi sento interpretato da nessuno dei due titoli attribuitimi, quello di direttore usato dalle suore degli inizi, e in seguito quello di fondatore sicuramente introdotto qualche anno dopo la mia morte e su su fino ad oggi. Ho svolto di fatto però tutti e due i compiti, senza farmene un privilegio o un onore, ma come una necessità naturale, quella che nasce dalla paternità di chi dopo aver generato i propri figli se ne prende cura. Sicuramente è stato un crescendo di apertura allo Spirito che mi spingeva a fare da battistrada alla sua iniziativa, al dono-carisma che voleva dare alla Chiesa.
Devo riconoscere che su questo cammino ho incontrato diverse persone che hanno condiviso con me il proposito di fare qualcosa, che mi hanno aiutato a chiarirlo, a calarlo nelle realtà della bassa e soprattutto a concretizzarlo adattandolo, senza per questo stravolgere l’idea originaria, alle diverse realtà parrocchiali. Non sono mancate sorprese felici ed anche amare, nulla è stato inutile o superfluo perché «tutto concorre al bene di quelli che il Signore ama».
Ero lontano dall’idea di fondare un Istituto, solamente volevo fare qualcosa di utile per i parroci che, per i più svariati motivi, non potevano occuparsi della formazione delle giovani. Poi da cosa è nata cosa ed ora eccomi a raccontare la storia della fondazione dalla prospettiva della mia esperienza e conoscenza.
Anche questo racconto a puntate terminerà con la mia morte.

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