Il prete, un uomo preso tra gli uomini, in favore degli uomini, presente in mezzo agli uomini. (1)

In occasione del Convegno organizzato dalla Congregazione per il Clero, a cinquant’anni dalla promulgazione dei Decreti conciliari Optatam totius e Presbyterorum ordinis, papa Francesco ha rivolto ai partecipanti un discorso dal quale stralciamo alcuni passaggi che ci aiutano a rileggere l’esperienza umana di san Vincenzo Grossi, prete. Partendo dalla Lettera agli Ebrei il Papa afferma che «i sacerdoti sono presi fra gli uomini», «costituiti in favore degli uomini» e presenti «in mezzo agli altri uomini».

Alla luce di queste coordinate, vogliamo, pertanto fare un brevissimo excursus sulla vita e sull’esperienza di san Vincenzo Grossi come sacerdote, aiutate anche da alcune pagine del libro “Ecco, io e i figli che Dio mi ha dato”. La paternità spirituale in don Vincenzo Grossi. Lo faremo in tre tappe, lasciandoci guidare dalle tre affermazioni del Santo Padre.

  1. Preso fra gli uomini

“Il sacerdote è un uomo che nasce in un certo contesto umano; lì apprende i primi valori, assorbe la spiritualità del popolo, si abitua alle relazioni… Incomincia in famiglia… chiesa domestica e primo e fondamentale luogo di formazione umana,… centro di pastorale vocazionale con la tradizione della fede…  Poi ci sono gli altri contesti comunitari – scuola, parrocchia, associazioni, gruppi di amici –  dove impara a stare in relazione con persone concrete, è modellato dal rapporto con loro, e ciò che è, è anche grazie a loro. Un buon prete, dunque, è prima di tutto un uomo con la sua propria umanità”. Così papa Francesco.

Pizzighettone (640x450)È don Vincenzo che ricorda la scuola della mamma come la più bella. Con lei ha imparato a pregare, a rispettare i fratelli, ad obbedire al padre, a rendersi utile in casa con qualche servizio. La presenza  del fratello Giuseppe seminarista, i suoi rientri periodici in famiglia hanno alimentato in lui un desiderio, che si è concretizzato nella richiesta di seguire la sua stessa strada: emulazione o vocazione? Il padre, con la decisione a rimandare l’ingresso di Vincenzo in seminario, e chiedendogli di stare con lui nel mulino, gli ha offerto la possibilità di fare un esercizio di discernimento vocazionale, esperienza che, unita all’accompagnamento personalizzato del parroco don Favenza, ha aiutato il giovane aspirante al sacerdozio  a coniugare nella realtà quotidiana crescita umana, lavoro e studio. Otto anni di cammino vocazionale prima di prendere la decisione che è stata poi concorde e definitiva.

Sappiamo che in paese, all’epoca della infanzia e fanciullezza di Vincenzo, c’era una discreta presenza di militari, perché Pizzighettone, per la posizione strategica in cui sorgeva, era stata sempre una roccaforte militare. Tale presenza, costituita in prevalenza da mercenari, anche se tenuta a debita distanza dalla popolazione, ha formato nel ragazzo la predisposizione a convivere con il diverso senza pregiudizi o giudizi, a cercare magari un contatto alla pari.

Appena adolescente, come tutti i suoi coetanei, è stato avviato al lavoro, se  pure con il vantaggio di svolgerlo in famiglia. Vincenzo, nonostante i suoi progetti fossero orientati altrove, non vi si è sottratto, imparando dal padre e dai suoi clienti che il tempo ben occupato e la fatica sono la moneta non solo per guadagnarsi il pane ma anche per entrare in paradiso.

Vincenzo racconta di amici non certo per organizzare  incursioni notturne negli orti dei vicini, ma con i quali era solito intrattenersi in conversazioni arricchenti culturali e spirituali, come fu con Ambrogio Mazza, e ricorda i pomeriggi delle domeniche trascorsi con i suoi coetanei e i ragazzi più giovani che radunava attorno a sé come fa una «chioccia con i pulcini».

Segni premonitori di una futura impegnata pastorale giovanile.

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  1. Leggendo queste parole mi viene in mente il testo del profeta Amos: “Non ero profeta né figlio di profeta, ero un pastore e raccoglitore di sicomori, e il Signore mi prese di dietro il bestiame…” (Amos 7,15), é bene ricordare da dove il Signore ci ha presi…..chiediamo a san Vincenzo Grossi il dono della memoria per non dimenticare dove il Signore ci ha incontrato…..

  2. Mentre leggevo questo articolo mi veniva alla mente e al cuore la mia storia di vita, più o meno dolorosa, ma da sempre guidata – consapevolmente o no da parte mia! – dalla Mano del Signore. I valori umani appresi in famiglia, assieme ai valori cristiani appresi nella scuola, fanno quella che sono oggi: una consacrata a Dio nel servizio ai miei fratelli. San Vincenzo mi dia la grazia di aver sempre un cuore riconoscente… perché la gratitudine è la memoria del cuore.

  3. Nulla è a caso, niente si improvvisa. La passione per l’uomo e l’ascolto del suo grido, sia per il Maestro che per San Vincenzo sono nati nella loro “Nazareth”, nel lasciarsi educare, forgiare dalla realtà che vivevano. Grazie San Vincenzo per farmi Memoria di chi sono.