Facciamo memoria della santità
Ricorre oggi, 18 ottobre 2025, il decimo anniversario della canonizzazione di san Vincenzo Grossi, il nostro Fondatore, ed è stata preparata una nutrita scaletta di eventi per ricordarlo.
Quando il ricordo si muove nell’ambito della esperienza di fede forse è meglio usare l’espressione “fare memoria”, perché la memoria riporta nel presente il significato dell’evento passato che si vuole celebrare.
Se la santità è vita dello Spirito, come lo è in verità, è lecito chiedersi che traccia ha lasciato la canonizzazione di don Vincenzo? Che frutti ha portato o sta portando?
Sicuramente c’è stata la possibilità di conoscere don Vincenzo in alcuni aspetti inediti che l’agiografia aveva sorvolato; ha suscitato una sana curiosità a voler comprendere l’uomo e il sacerdote che è stato. Impresa alquanto impegnativa perché le testimonianze sono o ripetitive, o raccontano di fatti così semplici, così ordinari, così scontati da diventare difficile catalogarli come espressioni di santità. Non era fuori luogo il pensiero del nipote don Ubaldo quando manifestava il suo dissenso all’avvio dei processi canonici perché lo considerava più un lustro per l’Istituto che la necessità di confermare con l’ufficialità della canonizzazione la straordinarietà di una vita.
Oggi facciamo memoria della canonizzazione di don Vincenzo e lo facciamo riportando al centro la sua peculiarità, anche se non è così originale nella storia dei santi: la fedeltà.
Don Vincenzo è stato fedele a Dio fino all’ultimo istante della sua vita, alla Chiesa nei suoi ministri, il Papa e il Vescovo, e al presbiterio di cui faceva parte, alle sue comunità parrocchiali quella accogliente alle sue proposte pastorali e quella indifferente, al bisogno di cura pastorale della gioventù femminile abbandonata dai progetti pastorali del tempo.
Quando si dice di lui che era sempre uguale a se stesso, non è da intendere che era sempre dello stesso umore o inespressivo, irremovibile e inscalfibile, ma che era fedele.
Ripercorrendo alcuni tratti delle sua vita è evidente che la fedeltà era il filo rosso che teneva uniti tutti i suoi gesti, quelli di un ministero sepolto nell’anonimato di una parrocchia di campagna come quello di una nuova fondazione per la Chiesa.
Facciamo memoria della fedeltà di san Vincenzo Grossi! Noi, religiose figlie dell’Oratorio, oggi siamo la sua memoria vivente. Dio voglia non solo per discendenza storica e canonica, ma perché desideriamo esprimere nei nostri giorni la sua persona, la sua missione, la sua santità nella fedeltà alla nostra vocazione.