Missione speciale
Quale è il legame che noi figlie dell’Oratorio abbiamo con la spiritualità del Sacro Cuore?
Non è nel nome, né in qualche segno esteriore… Nemmeno nelle Regole scritte da don Vincenzo, dove invece nella intestazione si nominano Maria Immacolata e san Filippo Neri. La memoria ci riporta la presenza di immagini nelle cappelle delle comunità e alcune pratiche spirituali particolari in uso, che il tempo però ha ridotto visibilmente.
Ma non possiamo pensare che questo legame sia stata una aggiunta sulla base di una sensibilità personale di qualche suora particolarmente influente.
Sicuramente la spiritualità del Sacro Cuore nella vita del nostro Istituto ha una relazione molto stretta con l’«idea» del fondatore di fare «qualcosa in aiuto ai parroci». Dopo alcuni anni di collaborazione delle suore nelle opere parrocchiali, infatti, è emersa una ulteriore intuizione definita negli scritti ufficiali la missione speciale delle Figlie dell’Oratorio.
Come è nata e in che cosa consiste?
Questa missione speciale ha le sue radici nella spiritualità riparativa del Sacro Cuore, corrente spirituale della fine ottocento e inizi novecento, a larga diffusione, sostenuta e incoraggiata dal magistero dei Papi.
Tale corrente vedeva nella tiepidezza e nella infedeltà, soprattutto delle persone che per vocazione dovevano essere più vicine al Signore, una mancata risposta all’amore senza misura di Cristo visivamente rappresentato con la ferita del Costato e con il Cuore in evidenza. Don Vincenzo che nella sua diocesi era testimone della situazione «pietosa» del clero e che era coinvolto personalmente in un radicale rinnovamento spirituale, intuì che a monte della collaborazione nelle opere, c’era per le suore una chiamata più radicale. Lui stesso, che seguiva da vicino la vita e la formazione spirituale delle prime comunità, favorì e appoggiò apertamente l’incremento di tale spiritualità del Sacro Cuore con una connotazione riparativa. In una testimonianza scritta vengono riportate le sue parole chiarificatrici e autorevoli.
Alle suore che la consideravano una aggiunta indebita, egli spiegò che questa era la sua «idea iniziale« e che solo adesso prendeva forma. Diventava «primaria» ad ogni servizio pastorale e si esprimeva nella preghiera e offerta di se stesse al Cuore di Gesù, al suo amore misericordioso, per la santificazione della Chiesa e in particolare del clero. Non si trattava di «accumulare» sacrifici, anche costosi, che ripagassero le inadempienze altrui, ma di intercedere concretamente per la loro santificazione, cioè sostenere la persona nel riscatto della propria vocazione e missione.
Scrive papa Francesco in Dilexit nos al n. 200: «…questa forma di riparazione offre al Cuore di Cristo una nuova possibilità di diffondere in questo mondo le fiamme della sua tenerezza. … è il modo più appropriato con cui il nostro amore offre al Signore una possibilità di espandersi … Si va oltre la semplice consolazione a Cristo, si traduce in atti di amore fraterno con cui curiamo le ferite della Chiesa…e offriamo nuove espressioni alla forza restauratrice del Cuore di Cristo».
È la nostra risposta al Cuore amante di Cristo che ci insegna ad amare, è la carità di Cristo che ci spinge «a ricambiare amore per amore» (Leone XIII, Annum Sacrum – 25 maggio 1899)