Ricordare il mio incontro significativo con le suore figlie dell’oratorio è ritornare alla memoria del cuore…tornare indietro di quasi 50 anni nella mia sequela di Gesù. Anche se io sono nata a Mendoza (Argentina) per varie circostanze della vita sono cresciuta a Ciudadela nella periferia di Buenos Aires. Le suore figlie dell’oratorio abitavano in questo grande quartiere periferico e appartenevano alla parrocchia di sant’Antonio di Padova dove i frati minori della provincia di Assisi da un po’ di anni si erano stabiliti per la loro missione.

Io abitavo a due isolati dalla parrocchia ed era molto facile per me partecipare alle diverse attività che vi venivano organizzate.

Il mio incontro con il Signore è avvenuto in tappe e modi diversi. La mia prima Comunione e la Cresima furono segnate dalla guida di una paziente e delicata catechista di nome Gladys e del parroco padre Tarcisio Brozzetti che ugualmente ispirava molta fiducia e seguiva il gruppo dei catechizzandi con amorevolezza e pazienza.

Fu proprio a padre Tarcisio che manifestai il mio desiderio di donarmi a Gesù e lui mi disse che si sentiva come Abramo, felice perché Dio gli aveva dato un figlio…in questo caso una figlia…spirituale.

Gesù mi anticipava sempre e io stavo dove Lui stava. Mi intrattenevo nella Chiesa pregando e meditando, gustando il silenzio e la musica che a volte padre Angelo suonava all’organo. Così, in questi incontri intimi, cuore a cuore con Gesù, nacque in me la risposta: «Voglio donarmi a Gesù». Però, mi chiedevo: Come? Dove? Per chi?

Un pomeriggio intravidi dalla Chiesa una porticina che portava alla casa delle suore. Entrai e mi incontrai Suor María Storari, Suor Virginia Carafoli, Suor Giuseppina Gnocchi e Lina Spaltro, (a quel tempo ancora suora). Vivevano umilmente in alcuni ambienti della parrocchia. Scoprii quattro donne contente, materne, amorevoli, semplici che si presentarono sfoggiando il loro migliore spagnolo (castellano)…Ritornai diverse volte da loro e in quegli incontri piano piano approfondimmo la conoscenza reciproca. Da parte mia avvertivo come una necessità di intrattenermi con loro, mi sentivo molto bene, condividevo i momenti di preghiera, partecipavo alla Messa insieme a loro e mi spiegavano a che cosa si dedicavano, cioè che erano missionarie e che avevano lasciato l’Italia, la loro patria, per aiutare i bambini argentini e le loro famiglie ad amare Gesù e a migliorare.

Penso che proprio su quella realtà cadde la mia scelta. Io che alimentavo da tempo il desiderio di essere missionaria in Africa, mi resi conto che potevo esserlo anche nella mia patria. La mia vocazione andava così definendosi. Dopo tante vicissitudini, finalmente un giorno riuscì a dire loro: «Come si fa a far parte della vostra Congregazione?»

I requisiti non erano facili, le difficoltà da superare furono molte. Prima di tutto dovetti convincere i miei genitori perché mi dessero il loro consenso, poi essere disponibile ad andare in un Paese sconosciuto senza sapere la lingua dal momento che la casa di formazione era in Italia. A 19 anni quando il fuoco dell’ideale ti consuma…tutto è possibile!

E così fu. Il 18 aprile del 1971 viaggiai per l’Italia con la Madre generale, suor Ines Bergonzini, e la Vicaria generale, suor Bianca Fantini, con le quali l’unico modo di comunicare erano i sorrisi, e con suor Alfa Boschetti, la reporter, che mi diceva sempre: «mangia, mangia».

Senza stare troppo a pensare, riuscì a dormire durante tutto il viaggio e quando riuscì a mettere a fuoco ogni cosa, mi ritrovai su un pulmino con molte suore allegre e chiacchierine al mio fianco. Giungemmo a Lodi dove mi aspettavano le mie compagne di noviziato e la formatrice suor Anna Di Virgilio. Lì incominciai il mio cammino, o meglio potei continuare, perché Gesù mi stava aspettando.  Sento di dover ringraziare prima di tutto Dio che sempre illuminò la strada e mi diede la forza di superare le prove che incontrai. Ringrazio anche la Vergine Madre María che sostenne la mia preghiera in ogni momento e per ogni necessità. Un pensiero grato va alla mia famiglia che senza capire quali erano i progetti di Dio su di me, furono generosi nell’offrirmi al Signore e perché mi sono sempre stati vicino nel mio cammino.

Non posso dimenticare la Comunità di Ciudadela che  si interessò a me, ha avuto fiducia in me e ha pregato, ringrazio anche i superiori che da quel momento in poi non hanno dubitato di me, si sono impegnati e mi hanno offerto la possibilità di essere figlia dell’oratorio, figlia di san Vincenzo Grossi. E infine il mio grazie va a tutte le comunità dove sono stata, nelle quali mi sono inserita e ho vissuto, ognuna mi ha insegnato tanto e mi ha offerto affetto e fraternità.

Sono consapevole di avere profonde radici nel mio paese, nella mia gente, nella mia cultura e non mi consentono di dimenticare da dove il Signore mi chiamò.  Questa coscienza molto radicata mi aiuta ad avvicinarmi a tutti senza distinzione, senza pregiudizi, sapendo che in ogni persona e in ogni situazione Gesù ha fissato il suo santuario. Lui è arrivato prima, mi ha sempre preceduto – «me primerió» – come è successo sempre nella mia vita personale.

A te che leggi questa testimonianza…ringrazia e loda il Signore per la tua vita e per la mia…                                                                                                                            

Hna Stella Maris